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Author Archives: webmaster@piramedia.it

Caratteristica è la sua struttura ad anelli semicircolari che scendono dolcemente verso il mare, corrispondenti a tante fasi dello sviluppo urbano. E’ uno dei paesi della Vai di Cecina che meglio conservano l’impianto del castello medievale. Sul territorio sono stati trovati resti di insediamenti etruschi e romani, di cui alcuni reperti si possono vedere nel paese.

Le colline di Casale erano luoghi di insediamenti etruschi e diversi ritrovamenti archeologici sono stati effettuati nel territorio.Il più importante è una tomba a tholos, dei V secolo a.C., asportata e ricostruita nel giardino del Museo Archeologico di Firenze. Da questa tomba provengono, tra l’altro, i due più antichi oggetti d’alabastro di cui si ha notizia, usciti probabilmente dalle officine di Volterra — una patera e un lacrimatoio —, anch’essi al Museo Archeologico di Firenze. Altri reperti si trovano nei musei di Volterra e alla Cinquantina di Cecina. Dell’epoca romana è una piccola villa, nel Botro della Pieve, i materiali della quale sono stati reimpiegati in alcuni edifici dei paese.

Il castello medievale è nominato nei documenti sin dal 1004 e apparteneva ai conti Della Gherardesca, ai quali fanno riferimento i primi documenti di vendita (nei 1004 Gherardo e la moglie Giulia donarono una chiesa e 13 poderi "che sono nella corte di Casale" al monastero di Santa Maria di Serena a Chiusdino; nel 1008 Gherardo dei fu Gherardo vendette case, cascine e masserizie dei distretto della pieve di San Giovanni di Casale, e Wilda, sua moglie, altri beni nello stesso distretto; nel 1092 un conte Gherardo concesse al monastero di Montescudaio una chiesa di Sant’Andrea a Casale).

In realtà esistevano nella zona due castelli dello stesso nome: Casalvecchio, di cui è rimasta solo la collina omonima a sudest dell’attuale paese, e Casalnuovo, l’odierno Casale Marittimo. Non è chiaro quali fossero i rapporti tra i due castelli e per quanto tempo convissero; i documenti più antichi sono senz’altro da riferirsi a Casalvecchio, e così anche una famosa lettera del vescovo di Volterra, del 1344, in cui questi racconta come il conte Gherardo di Donoratico fosse ammalato nel castello di Casale e a causa della cattiva aria non poteva guarire fino a quando non fosse stato portato altrove: "Mandammo li medici [...] e quelli lo consigliarono perché l’aere di Casale era corrotta e per altre ragioni che se d’ivi non si partisse, che egli era in pericolo della vita e veramente secondo che e’ medici ci hanno poi detto di quella infermità non sarebbe campato se non fosse partito." E’ questa una precoce testimonianza della diffusione delle febbri malariche.

Casalvecchio fu distrutto presumibilmente nel 1363 durante una battaglia tra pisani e fiorentini, ma probabilmente già prima era stato gradualmente abbandonato a favore di Casalnuovo che, pur non essendo più alta, era meglio ventilata e più salubre.

Tra i due castelli, sul Botro della Pieve, si trovava la pieve di San Giovanni Battista di Casale, che dà ancora oggi il nome al torrente e a una località. Era la chiesa madre del circondano, l’unica dotata di fonte battesimale, e a lei facevano capo non solo Casalvecchio e Casalnuovo, ma anche Guardistaiio e Montescudaio. Benché fosse stata molto danneggiata - anzi: "[...] demolita et destructa quasi per totum" nei combattimenti dei 1363 e il fonte battesimale in seguito a questa guerra fosse stato trasferito a Casalnuovo - , essa mantenne il titolo di pieve e lo conservò, a quanto pare, addirittura fin verso la metà del ‘500. Nei 1413, al momento di una visita pastorale dei vescovo di Volterra, essa risultò "in totum diruta", cioè totalmente diroccata e solo le mura stavano in piedi, tuttavia era pieve e aveva il pievano. Nei 1439 i battesimi di tutti i bambini dei castelli vicini si tenevano "ogni Sabato Santo al fonte battesimale nella pieve di S. Giovanni Battista in Santo Andrea di Casale", come si rileva da una lettera del vescovo di Volterra, dalla quale risulta che Sant’Andrea ospitava il fonte battesimale senza però disporre del titolo di pieve. Mentre i castelli di Casale erano sotto il dominio politico della Repubblica di Pisa, la pieve dipendeva dalla Diocesi di Volterra.

A Casalvecchio risiedevano dalla metà dei ‘300 circa i conti Montescudaio, ramo della famiglia Gherardesca costituitosi in quel periodo nel castello di Montescudaio. Un loro palazzo o rocca esisteva ancora nell’Ottocento ed è nominato nel Dizionario geografico del Repetti. La struttura del castello era a pianta circolare con una porta a sud munita di antiporti e rampa d’accesso e sovrastata dalla rocca. A nord si trovava una torre d’avvistamento, ancora visibile, ma non sono accertate altre porte. Le mura erano formate dalle case stesse che avevano, e hanno, pareti molto spesse verso l’esterno e poche finestre collocate solo in alto. All’interno - come in altri insediamenti medievali - le case erano addossate l’una all’altra senza regola alcuna e senza alcun rispetto per l’andamento delle strade e prive di sufficiente aereazione. Il castello racchiudeva al suo interno non solo le case e le cantine, le botteghe del macellaio, del fabbro, del barbiere, il forno e il frantoio, ma anche le stalle e i castri per gli animali domestici (asini, porci, galline) e qualche orto. In più c’era la chiesa con l’annesso cimitero e, oltre al palazzo signorile con le stalle, le scuderie e i magazzini, c’erano la stanza del tribunale e le prigioni. Fuori dalle mura restava la fonte con l’abbeveratoio e i lavatoi. La chiesa di Casalnuovo era intitolata a Sant’Andrea ed è nominata per la prima volta nel 1305.

Nel 1406, in seguito alla conquista di Pisa da parte di Firenze, anche Casale, come gli altri paesi della Val di Cecina, si sottomise alla Repubblica fiorentina. Nel 1407 ottenne da Firenze il permesso di costituirsi in Comune, ma contrariamente a quanto avvenne a Montescudaio e Guardistallo, non poté liberarsi dai conti Della Gherardesca-Montescudaio che vi mantennero le loro proprietà e la giurisdizione. La piccola comunità non si diede subito gli statuti, ma nel 1414 accettò quelli di Montescudaio e Guardistallo e anche successivamente, dal 1490 fin al 1620, i suoi statuti erano sempre compresi in quelli degli altri due Comuni.

Sul Cinquecento e il Seicento mancano notizie di qualche interesse; sono secoli caratterizzati dalla difesa contro le incursioni dei pirati saraceni, dalla lotta contro la malaria che infestava la pianura costiera e risaliva ai paesi, dalle periodiche carestie ed epidemie e dalla stasi sociale ed economica che contraddistingue in queste zone il Granducato mediceo. Tutti questi fattori hanno sicuramente reso difficili le condizioni di vita della popolazione.

Nel 1551 Casale aveva 245 abitanti.

Del 1642 è la notizia che la comunità deliberò la fortificazione delle mura a difesa dalle incursioni dei pirati dal mare. Nel 1648, sulla scia di Montescudaio, Casale venne dato in feudo ai Ridolfi e nel 1738 andò a far parte del marchesato di Riparbella, assegnato in feudo al conte Carlo Ginori.

All’inizio del Settecento le campagne versavano in uno stato di estrema povertà e arretratezza. Vaste terre rimanevano riservate alla caccia del feudatario e i boschi avanzavano. Nel 1709 "fu proposto come sarebbe stato molto necessario munirsi all’occasione di un medico, stante l’aria cattiva, e le multità dei malati che spesso ne muoiono miseramente senza esperimenta." Ciononostante Casale si trovava forse in condizioni migliori di tanti altri paesi dal momento che il Targioni Tozzetti, che lo visitò nel 1742, scrisse: "Casale moderno è il più grosso, e più salubre Castello di tutto il Marchesato. La ragione della salubrità è non solamente una vicina Fontana d’acqua buona, come anche la situazione favorevole in uno sporto di Collina elevata, e benissimo ventilata." Nel 1745 gli abitanti erano 315.

Nel 1777, con le riforme del granduca Pietro Leopoldo, ebbe inizio il processo di ridistribuzione delle terre e conseguentemente il loro accentramento nelle mani di alcune nuove famiglie facoltose: emergevano a Casale i nomi dei Cancellieri, degli Sparapani, dei Mannari e dei Marchionneschi, che in seguito hanno detenuto il potere nel Comune per tutto l’Ottocento e fino alla prima metà del nostro secolo. La concentrazione delle terre e la diffusione del regime della mezzadria portavano a un incremento e a un miglioramento della produzione agricola. Nel XIX secolo ancora infuriava la malaria, le case in campagna non esistevano, i lupi erano così abbondanti che nel 1810 un decreto governativo liberava la caccia al lupo da ogni vincolo, ma nel paese il numero degli abitanti iniziava a salire: erano 817 nel 1833 e vent’anni dopo, nel 1854, ammontavano a 1.070 unità; nel 1861 il numero era salito a 1.174. La progressiva bonifica della palude costiera favoriva lo sviluppo agricolo.

Nella seconda metà dell’Ottocento l’abitato subiva alcune importanti modificazioni dovute all’aumento della popolazione: nel 1854 venne demolita la porta meridionale per costruire la Torre Civica con l’orologio; nel 1872 si iniziò la costruzione della nuova chiesa che comportava l’abbattimento di una parte del muro di cinta e del vecchio municipio per aprire un varco alla nuova strada. La vecchia chiesa veniva trasformata in municipio. Il camposanto scompariva sotto il nuovo campanile, ma già neI 1855 era stato inaugurato un nuovo cimitero lungo la strada per Guardistallo. Contemporaneamente era cresciuto anche il borgo fuori dalle mura e all’inizio del ‘900 venne sistemata la piazza del Popolo, allora piazza Cancellieri. Il paese assumeva più o meno l’aspetto attuale.

Nel 1862, Casale, fino allora chiamato "Casale nelle Maremme", assunse il nome di "Casale di VaI di Cecina"; dal 1900 si chiama "Casale Marittimo".Nel 1936 il numero degli abitanti ha raggiunto il limite massimo di 1.583; ma negli anni ‘50 è iniziato il processo di emigrazione verso i centri in pianura che erano in rapido sviluppo e garantivano posti di lavoro sicuri, orari fissi, mansioni meno pesanti di quelle richieste al mezzadro in campagna.

All’inizio degli anni ‘60 il fenomeno dell’abbandono della terra era all’apice e il regime della mezzadria andava scomparendo. Soprattutto i giovani si stabilivano in pianura o emigravano verso le città dell’Italia settentrionale.

Nel 1971 il numero degli abitanti era sceso a 837. Il rischio di diventare un "paese di vecchi" era attenuato solo dal fatto che molti abitanti risanavano, con i soldi guadagnati fuori, le case del paese, corredandole di moderni comfort.

Oggi Casale ha 914 abitanti. L’economia è agricola e si producono soprattutto vino, olio e cereali; esistono anche un’azienda di apicultura, un laboratorio di pellicce e diversi servizi commerciali e di ristoro. L’aspetto del paese medievale è ben conservato e la sensibilizzazione per i valori storici ha fatto sì che alcuni ammodernamenti degli anni ‘60 siano stati rimossi, come la copertura delle vie in asfalto che nel 1989 è stata tolta riscoprendo il vecchio lastricato in pietra arenaria.

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Castagneto Carducci, piccolo borgo una volta circondato dalle mura, si trova sulla sommità di una collina, dominato dal Castello dei Conti Della Gherardesca. Il centro urbano è sviluppato secondo uno schema di anelli concentrici che sfociano in un insieme di strade, vicoli e piazzette che riportano nel passato, di cui possiamo ancora trovare antiche testimonianze. Castagneto, che comprende anche i comuni di Bolgheri, Donoratico e Marina di Donoratico, riunisce nel suo territorio una notevole varietà di ambienti naturali: la spiaggia, le pinete della costa, le zone che ricordano l'antica Maremma, la campagna punteggiata di ville, i poderi e le case coloniche, le colline dalle forme e dai colori tipicamente toscani, i vicoli antichi del paese.

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Le prime testimonianze storiche di Castellina iniziano con un nucleo abitativo Etrusco posto sul colle di Salivolpi dove attualmente sono visibili un pozzo artesiano e i resti del muro di cinta dell'insediamento. Il vicino tumulo di Monte Calvario con quattro tombe a camera disposte a croce secondo i punti cardinali, avallano l'ipotesi dell'importanza del sito nei secoli VII e VI A.C. .

Di entità rilevante anche la necropoli del Poggino in località Fonterutoli riportata alla luce da pochi anni dal locale Gruppo Archeologico. Il borgo di Castellina, nella attuale locazione, ha probabili origini romane, ma si perdono le tracce nel corso dei secoli fino all'importanza strategico - militare che ebbe nell'Alto Medioevo. La storia parla della Castellina dei Trebbiesi dell'XI secolo, nome dato dai nobili del Trebbio della consorteria dei Conti Guidi, proprietari di un castello nelle vicinanze i cui labili resti sono visibili da Badiola. Nel XII secolo diventa un importante presidio militare fiorentino, posto a confine fra gli stati di Firenze e di Siena. Centro principale dell' antica Lega del Chianti con Radda e Gaiole nel XIII secolo, successivamente, nei secoli XIV e XV Castellina è teatro di incursioni e saccheggi da parte dello stato senese. Tali eventi obbligarono i Fiorentini a porre in opera continue ristrutturazioni e rafforzamenti della cinta muraria affidandone la direzione dei lavori a famosi architetti tra i quali Filippo Brunelleschi. 

Nel 1478, mentre Firenze è in guerra a causa della congiura dei Pazzi, a Castellina viene inviato Giuliano da Sangallo a rafforzare nuovamente le strutture di difesa: di questo episodio vi è una cronaca esauriente nelle "Vite" del Vasari. Baldassar Castiglione nel suo "Cortegiano" descrive invece un assedio di quaranta giorni da parte del Duca di Calabria, avversario mediceo, dove vennero usate le artiglieriedell'epoca come bombarde , catapulte e proiettili "medicati" capaci di causare epidemie e pestilenze. Dopo la fine della guerra fiorentina Castellina torna ai Medici nel 1483. Nel XVI secolo il paese perde la sua importanza strategica . La guerra fra Siena e Firenze è terminata e l'unificazione della Toscana in Granducato di Cosimo I dei Medici trasforma il vecchio avamposto militare in centro rurale strutturato secondo i canoni del podere a mezzadria. Nel 1865 nasce il comune di Castellina e la sua sede viene trasferita nel 1927 nella restaurata rocca Medievale di piazza del Comune. La seconda guerra mondiale vede il paese teatro del passaggio del fronte. I bombardamenti distruggono l'antica porta Fiorentina all'estremo nord di via Ferruccio e l'attigua Chiesa Parrocchiale viene seriamente danneggiata, facciata e campanile vengono ricostruiti e modificati nella forma attuale alla fine del conflitto

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La Costa degli Etruschi ,le sue colline,i suoi promontori,sono i luoghi dove trovi Castiglioncello,sospesa tra le Spiagge bianche,le scogliere intagliate dal vento,i borghi medioevali,baie,calette e colline di macchia mediterranea. In spiaggia si stà all’ombra dei pini,i ginepri ti accompagnano fin sugli scogli,i lecci sono subito a un passo dal mare. Tra mare e natura insomma,si snoda il percorso che conduce a piccoli tesori architettonici,artistici,custoditi tra le pieghe di questa terra amata dagli Etruschi che l’hanno disseminata di importanti testimonianze. Castiglioncello è la perla della Costa degli Etruschi,un luogo incantato sempre riscoperto nei secoli,anche dopo gli Etruschi,dai Romani,da nobili Fiorentini in Età Medioevale, da politici di tutto il ‘900,da poeti di cui D’Annunzio è il più noto, da Grandi registi,attori,sceneggiatori e così via dicendo. Gli anni ’50 e ’60 videro Castiglioncello protagonista di primissimo piano dei fenomeni di rinnovamento mondano e di costume della nostra Italia,importanti film della nostra storia cinematografica ebbero qui i primi vagiti,non vi è personaggio celebre che in quegli anni non sia passato per Castiglioncello. Volutamente ho posposto la presenza dei Pittori Macchiaioli,gli Impressionisti Italiani,che a partire dalla seconda metà del 1800 frequentarono con continuità testimoniata dalle opere intitolate a Castiglioncello questo promontorio,arrivando a dar vita alla Scuola Pittorica di Castiglioncello. Non a caso Castiglioncello si prestò a fornire la base d’osservazione di quei colori mediterranei-toscani che L’impressionismo italiano cercava di personalizzare traendo lo spunto di fondo dalle principali scuole europee. A parte trattiamo dei Pittori Macchiaioli quali Odoardo Borrani, Giovanni Costa, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini,Giuseppe Abbati, Vincenzo Cabianca,Pietro Senno, Ugo Manaresi,Adolfo Tommasi,Vittorio Corcos, Alfredo Muller,Giovanni Bartolena,perché la loro opera è di tale vitale importanza per la pittura italiana,da richiedere un nutrito capitolo. Castiglioncello è ancora oggi e più di prima anche arte,spettacolo,cultura,il Festival di Castiglioncello dura ormai quasi tutto l’anno e ARMUNIA si incarica di mantenere sempre accesa questa fucina di teatro,musica,dibattito su grandi temi di Filosofia,Semeiotica,Infanzia,Socialità,Letteratura,Scultura. La Costa degli Etruschi,Castiglioncello,un luogo,uno spazio dove ancora la vita può permettersi di scorrere più lentamente che altrove. I borghi medievali,addossati alle colline e ricchi di una storia millenaria,hanno viuzze lastricate,chiese raccolte,palazzi turriti,pievi e castelli,che fanno rivivere un tempo passato che qui sembra così vicino. Ai loro piedi il mare che è l’anima della Costa degli Etruschi e che ti accompagna sempre. Vive nella storia di questo territorio,nei suoi paesaggi,colora i tramonti,profuma l’aria. E’ un mare vivo e vitale,popolato da una fauna pregiata.Le sue spiagge entrano nelle pinete e nei boschetti di tigli e tamerici,i cui aromi profumano l’aria e si confondono con l’odore del salmastro. E la macchia mediterranea ,con i caratteristici tomboli che si spingono fino alla spiaggia quasi a congiungersi con il mare cristallino. Tutto il bello è a un tiro di schioppo,le oasi di Bolgheri e della Magona,e quelle delle colline livornesi,le aree protette,i rifugi faunistici popolati da specie rare e pregiate,una campagna ricca di colori e di profumi:nella Costa degli Etruschi la natura,salvagurdata e protetta,non è solo cornice,ma l’essenza stessa di questa terra. Boschi di ulivi,lecci e sugheri,selve di castagni,sono attraversati da ricami di sentieri che conducono a borghi, monumenti antichi,ma anche alle Città d’arte come Pisa,Volterra,San Gimignano,Siena,Arezzo,Firenze,e poi ai borghetti come Bolgheri,Bibbona,Donoratico,Massa Marittima,Calci. Nella campagna fertile,che dal mare si protende fino ai pendii collinari,si dipana la Strada del Vino,illuminata dal sole che filtra tra gli alberi e fa brillare le vigne,un itinerario dei sensi e dell’anima. E’ a Bolgheri che nasce nel 1970,il Sassicaia,non soltanto un vino ma uno dei miti dell’enologia mondiale. In soli vent’anni in questo territorio si è verificato un vero e proprio boom della produzione vinicola di qualità eccelsa. Quell’area marginale che era tutta la lunga fascia collinare compresa tra Castiglioncello e Piombino,è divenuto il luogo dell’apoteosi del vino italiano,portandosi a traino anche tutti gli altri prodotti di questa terra,dal miele all’olio extra vergine di oliva. E in questo territorio dell’Alta Maremma,dove esistono per il Vino ben tre denominazioni di origine controllata ( Montescudaio – Bolgheri – Val Di Cornia ),la gastronomia è un’arte antica che trova alimento nella qualità dei prodotti del territorio e nella fantasia dei cuochi,dando vita a veri e propri luoghi di culto per gourmet di tutto il mondo alla riscoperta di sapori e gusti dimenticati https://tuscanysea.com/backoffice/immagini/tuscanysea.com/17-17-5-2013-10-44-431.jpg https://tuscanysea.com/backoffice/immagini/tuscanysea.com/17-17-5-2013-10-44-432.jpg

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Nonostante Cecina sia una cittadina piuttosto recente, sul suo territorio sono stati rinvenuti reperti antichissimi di varie epoche (paleolitico, etrusco, romano), le cui testimonianze possono essere ammirate presso la villa settecentesca della "Cinquantina" sede di un museo etrusco-romano e di un museo etnografico facilmente raggiungibile attraverso un viale ce unisce il mare a San Pietro in Palazzi. Di particolare interesse storico è ciò che rimane della villa romana di San Vincenzino. Sui resti di questa villa, di cui sono visibili le fondazioni, i mosaici e una cisterna sotterranea, sorge una villa che ospita interessanti mostre archeologiche

 

La fascia arborea che si estende a nord e a sud di Marina di Cecina, tra Vada e Marina di Bibbona, e che occupa complessivamente una superficie di 400 ettari allungandosi lungo la costa per più di 15 km, costituisce la Riserva Naturale Biogenetica dei Tomboli di Cecina. Questo importante complesso botanico deve la sua nascita al Granduca di Toscana Leopoldo II che, nel 1839, ne ordinò la creazione per completare l’opera di bonifica della palude che si estendeva intorno al Fiume Cecina.

Tra il mare e le pinete da Vada a Bibbona

Dal centro di Vada ci si dirige verso la zona balneare ma, poco prima di raggiungerla, si svolta a sinistra sulla strada asfaltata che corre poco lontano dall’arenile. Si prosegue su questa per circa 3 km fino a raggiungere la strada asfaltata per Molino a Fuoco. Su questa si gira a destra arrivando poco dopo ad uno slargo. Qui si imbocca Via della Forestale, una bella pista chiusa alle auto da sbarra che si inoltra nella pineta. Dopo circa 1 km la via ritorna asfaltata e conduce, dopo aver superato una sbarra, ad incrociare un’altra strada asfaltata sulla quale si piega a destra arrivando alla spiaggia. Tenendosi lungo i margini di quest’ultima, si pedala faticosamente fino ad individuare, sulla sinistra, un’apertura appositamente predisposta che permette di riaccedere alla pineta. Questa va attraversata completamente tenendosi il più possibile paralleli alla linea di costa fino a confluire sulla strada asfaltata che, a destra, va a superare su ponte il Fiume Cecina entrando a Marina di Cecina. 

Dal ponte, svoltando a sinistra, è possibile raggiungere Cecina, borgo sorto nelle immediate vicinanze della foce dell’omonimo fiume. La cittadina nacque nel XIX secolo, cioè quando tutta la zona venne bonificata dalle paludi che un tempo caratterizzavano gran parte del litorale toscano e laziale. Nel centro storico merita sicuramente una visita la villa la Cinquantina, sede del museo etrusco-romano. 

Chi non vuole raggiungere Cecina, subito dopo il ponte svolta a destra e attraversa Cecina Mare giungendo alla strada lungomare. Si segue quest’ultima in direzione Marina di Bibbona fino a che la strada, giunta ai limiti dell’abitato, non compie una netta svolta a sinistra dirigendosi verso la pineta. A questo punto si abbandona l’asfalto per prendere a destra una via sterrata che si inoltre nella pineta rincrociando, poco dopo, l’asfalto. Su questo si piega a destra e dopo 100 metri si individua, sempre a destra, un grosso cancello in legno con un’apertura laterale per il passaggio di pedoni e ciclisti. Superato il cancello si entra nella splendida Riserva Biogenetica dei Tomboli di Cecina , che ha nella pineta il suo punto di forza. Si inizia così a percorrere una larga carrareccia che poco dopo arriva al punto di partenza di alcuni sentieri segnalati. 

Nella parte meridionale della Pineta di Cecina, infatti, oltre ad alcune aree di sosta sono stati approntati alcuni percorsi segnalati con bolli di diversi colori a seconda della lunghezza (questi sono frequentati anche da escursionisti a piedi per cui è opportuno porre attenzione). Le frecce in legno da seguire sono quelle con il bollo verde, frecce che di lì a poco invitano ad abbandonare la carrareccia per piegare a destra su un bel sentiero reso soffice dagli aghi di pino. 

Progressivamente ci si avvicina al mare arrivando così alla zona caratterizzata da interessanti dune costiere. Le dune costiere sono ondulazioni sabbiose colonizzate e, in pratica, cementate dalla vegetazione erbacea resistente alla salsedine. Le dune costituiscono una vera e propria rarità per le coste italiane dato che gli insediamenti turistici hanno determinato, su gran parte del litorale tirrenico, la scomparsa di questa naturale barriera protettiva.

Seguendo sempre le frecce verdi dopo circa 6,5 km si arriva ai limiti della pineta, in prossimità di Marina di Bibbona. In prossimità del borgo di Marina di Bibbona, a pochi metri dalla riva, è possibile ammirare l’imponente forte di Bibbona, edificato in epoca medicea. Pedalando poi lungo la spiaggia si possono osservare interessanti esemplari di ginepro fenicio e le paludi formatesi lungo l’estuario della fossa Camilla.

A questo punto si può iniziare il percorso di ritorno verso Marina di Cecina, percorso che si svolge lungo la facile carrareccia che attraversa completamente la pineta. In questo modo si riesce dal cancello che consente l’accesso alla pineta e si riattraversa Marina di Cecina e il ponte sul Cecina. Da qui in poi è sufficiente seguire l’asfalto per ritornare a Vada. 

La villa romana di S. VINCENZINO a CECINA .

 

Lungo la costa dell' Etruria settentrionale, in quello che fu un tempo il territorio di Volterra, sorsero in età romana numerose ville, scelte quale residenza con fondo annesso, da parte di personaggi di illustre rango.

Questo è il caso della villa romana di S. Vincenzino. Il complesso archeologico, posto su un rilievo naturale del terreno, nei pressi dell'abitato moderno di Cecina, è lambìto a nord dal fiume omonimo, non lontano dal suo sbocco al mare, mentre alle sue spalle correva la via costiera che collegava Roma con Pisa e la Liguria.

Noto fin dal Settecento, esso è tradizionalmente attribuito alla proprietà di Albino Cecina, membro della nobile famiglia volterrana dei Caecina, che fu praefectus Urbi nel 415 d.C., sulla base del resoconto di viaggio del poeta latino Rutilio Namaziano che qui avrebbe trovato ricovero e ospitalità. 

Se non è possibile confermare l'attribuzione a tale proprietario, che ormai segna il toponimo in antiche carte geografiche e portolani, spesso definito "Albini villa", non c'è dubbio che si tratti di un edificio di notevole rilevanza, articolato in settori di diversa destinazione, che conobbe successive modificazioni d'uso nell'ampio periodo storico nel quale fu in vita (dal I secolo a.C. al V secolo d.C.). 

Il primo impianto edilizio, costruito sul modello di villa urbana con gli ambienti dislocati su aree porticate e giardini, sorse in concomitanza al grande sistema idrico costituito da una grossa cisterna sotterranea che serviva all'approvvigionamento della villa, eccezionale complesso tuttora integro e visitabile, che si estende in una serie di cunicoli provvisti di un sistema di Filtraggio e depurazione dell'acqua.In collegamento con le strutture di superficie, una serie di pozzetti anulari permettevano di attingere l'acqua. 

Sicuramente aggiunti in epoca imperiale avanzata (II-III secolo d.C.) sono altri corpi di fabbrica, come il quartiere delle Terme , costituito dalla serie di ambienti canonici destinati ai bagni arricchiti da una pregevole decorazione architettonica e scultorea; e il grande triclinio estivo con ninfeo, non serviti dal sistema idrico originario. In tale contesto spicca il rinvenimento di una statuetta acefala, in finissimo alabastro, raffigurazione di Iside. 

A una fase successiva (III sec. d.C.) appartiene poi un settore a carattere produttivo per la spremitura delle olive, di cui rimangono i resti del frantoio e una macina in pietra, e le strutture per la lavorazione dell'olio, che oblitera parte degli ambienti di abitazione della villa. Buona parte dei resti archeologici e il complesso della cisterna sono attualmente visitabili nell'area sistemata a Parco .

 

Piccola guida per la ricerca delle proprie soluzioni per le vacanze a Cecina.

 

Chi si avvicina all’idea di trascorrere le sue vacanze a Cecina avrà necessità di consultare una guida alberghi Cecina per trovare hotel Cecina o Alberghi Cecina.

 

Gli italianisti preferiranno cercare alberghi sulla costa Toscana o alberghi in Toscana.

 

Per chi è alla ricerca della sostanza ed una camera può bastare camere vacanze Toscana oppure camere vacanze costa Toscana o ancora camere in affitto Toscana dovrebbero essere termini di ricerca appropriati come anche camere Cecina.

 

Occorre comunque considerare che Cecina si trova sulla Costa degli Etruschi , la quale si trova di fatto in Toscana mare , e la Costa Toscana è unica al mondo. 

Quindi nel consultare la guida alberghi costa toscana sarà bene orientarsi alla voce vacanze costa Toscana e ricercare gli alberghi in maremma o, per chi lo preferisce,hotel Costa Toscana.

 

Dato che negli ultimi anni il turismo ha in larga parte dimostrato di preferire soluzioni di tipo abitativo oltrechè alberghiere, residence Cecina, appartamenti vacanze Cecina ,appartamenti per vacanze sulla Costa toscana, sono diventate voci di ricerca frequenti su testi inerenti guida turismo costa toscana.

 

Anche la ricerca di residence sulla Costa Toscana potrebbe esser proficua dato che l’argomento è più in generale estate vacanze Toscana, vacanze appartamenti in affitto , mare vacanze toscana,vacanze sul mare.

 

Non è da trascurare neanche la ricerca di camere Donoratico, in fondo stiamo parlando di Toscana Italy, di vacanze appartamento Toscana, qualcuno più dotato di mezzi economici cerca villa Cecina o anche villa costa toscana per vacanze Cecina.

 

C’è poi il capitolo del monolocale vacanze molto gettonato dalle coppie ed anche dalle coppie con un bebè. Monolocali in affitto Toscana è quindi un termine di ricerca molto proficuo, come anche monolocali vacanze Toscana o monolocale Cecina.

 

Per chi optasse per una zona specifica come la la Costa degli Etruschi o per Cecina in modo particolare, sarà bene ricordare che i termini di ricerca vanno estesi a Cecina monolocali oltrechè vacanze in affitto Toscana o anche Toscana mare o agriturismi Cecina

 

Vale anche per questo secondo capitolo quanto precedentemente detto a proposito della Costa degli Etruschi , quindi nel leggere opuscoli su Cecina o anche soltanto il dove dormire in Toscana occorre ricercare o digitare le voci residence Donoratico, appartamenti Cecina, albergi Cecina o anche hotel Cecina.

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I ruderi dell'alta Torre di Donoratico dominano un largo tratto del litorale tirrenico. Circondata dagli scarsi resti delle due cinte murarie che l'avvolgevano, dalle fondamenta dell'antica chiesa castrense e altri edifici venuti recentemente alla luce [sono ancora in scorso scavi archeologici è ciò che resta dell'antico castello costruito dai Conti di Donoratico, i Della Gherardesca. Dalla metà 1100 divenne la loro sede privilegiata. La funzione del castello era quella di difendere questa parte delle coste dalle incursioni sanguinarie dei saraceni, dei pirati e dei nemici della Repubblica Pisana prima e, nel corso del 1400, Fiorentina poi. 

Il ritrovamento di ceramiche e di un circuito difensivo 'ciclopico' [ovvero costruito con grossi blocchi di pietra], oltre alla presenza di tombe dello stesso periodo scavate nella roccia dei terrazzamenti sottostanti prova la presenza su questa altura di un'importante e vasta fortezza etrusca. La prima menzione esplicita di un insediamento fortificato risale al 1176, ma l'esistenza del castello è sicuramente più antica e sembra, grazie alla datazione di reperti rinvenuti durante gli scavi appartenenti ad un insediamento ligneo precedente al castello in pietra, risalga addirittura a prima del X° secolo. 

La prima cinta muraria in pietra che si estende lungo i margini della sommita del rilievo, di cui rimangono numerosi tratti a sud-ovest e sud-est, risale alla seconda metà dell'XI° secolo. La pietra fu usata all'interno del recinto per la costruzione della chiesa, provvista di un’unica navata e ampliata nel secolo successivo. Nel corso del XII° secolo fu costruita una prima torre utilizzata come residenza fortificata dai Della Gherardesca, con solai lignei e copertura a volta in mattoni, in prossimità della chiesa insieme ad una nuova cinta muraria, più alta e più spessa, della quale restano ancora intatti alcuni tratti - sui versanti ovest ed est - e l’originaria porta principale a nord. L'area sommitale fu racchiusa in un secondo anello fortificato dotato di un’unica entrata aperta lungo il tratto sud-ovest. Anche la chiesa fu ampliata e abbellita. Nel secolo successivo fu costruita una nuova torre appoggiata alla preesistente. Fra il XIV° e il XV° secolo furono effettuati interventi mirati a fortificare le strutture preesistenti, costruendo in alcuni tratti dei muri a scarpa addossati al circuito murario, ma iniziò anche l'abbandono delle prime abitazioni. Il nucleo del castello fu fatto saltare nel 1447 dall'esercito di re Alfonso d'Aragona durante la sua discesa in Maremma. 

Ancora oggi la torre principale si eleva per tutta la sua primitiva altezza con totalmente intatto il lato perimetrale sud e parte di quelli est e ovest. Sul lato est di questa torre si trova un'altra struttura i cui lati e aperture sono ancora ben leggibili. I due edifici rappresentano uno dei più importanti esempi di architettura medievale in questo territorio e costituivano la residenza signorile. Del borgo, distribuito concentricamente lungo i sottostanti terrazzamenti, sono identificabili tra la vegetazione e malgrado gli imponenti crolli, resti appartenenti agli edifici che lo costituivano. Durante i recenti scavi sono tornate alla luce pavimentazioni in cotto e pietra, i muri perimetrali della chiesa ed alcune colonne quadrate della sua navata.

 

La prima menzione esplicita di un "castrum" risale al 1176, ma il ricordo di "domini de Donoratico” già nel 1161 fa presumere che l'esistenza del castello sia più antica.

La chiesa castrense è documentata dal XII secolo, mentre quella di S. Colombano, attestata sin dal secolo XI tra i possedimenti di S.Pietro a Monteverdi, era situata, come risulta da un atto del 1263, "iusta castrum in plano ipsius castri".

Alcuni atti della seconda metà del XII secolo testimoniano la compresenza di diritti sul castello tra diversi soggetti signorili: un ramo dei conti Gherardeschi ed il monastero di S.Pietro in Palazzuolo

Dalla seconda metà del XII secolo l'insediamento diviene sede privilegiata del ramo più importante dei conti Gherardeschi che, successivamente, prese il nome dal castello. Nel 1270 il castello di Donoratico fu occupato dai conti di Biserno, ribelli al comune di Pisa ed appoggiati dalle forze guelfe e angioine. In questo periodo, accanto all'area sommitale vi era un "burgus", indice di una certa consistenza demica dell'insediamento. Nel corso del XV secolo, come i limitrofi centri anche il castello di Donoratico passa sotto il dominio fiorentino in concomitanza al graduale abbandono delle aree più limitrofe dell’insediamento

Nell'area sommitale si eleva per tutta la sua primitiva altezza una torre di cui si conserva totalmente il lato perimetrale sud e parte di quelli est e ovest. Immediatamente adiacente al lato est di questa torre si trova un'altra struttura turriforme i cui lati e relative aperture sono ancora ben leggibili. I due edifici, databili tra il dodicesimo ed il quattordicesimo secolo e che rappresentano uno dei più importanti esempi di architettura medievale in questo territorio, facevano parte dell'area signorile dell'insediamento.

In base ad un assetto che si ripete in tutti i castelli di quest'area l'insediamento era infatti costituito da una zona sommitale, dove si trovavano gli edifici di residenza signorile e un sottostante borgo, distribuito concentricamente lungo i sottostanti terrazzamenti e difeso da una cinta muraria in pietra. A sua volta anche l'area signorile era cinta da un ulteriore circuito difensivo, come nel caso di questo castello, dove proprio vicino alle torri sopradescritte sono ben visibili i resti della cinta e della porta che immetteva nell'area alta.

Tracce invece del circuito difensivo del borgo sono riconoscibili sui versanti ovest, est e nord in cui si conserva ancora una delle porte di accesso principali al castello. 

Tra la vegetazione, malgrado gli imponenti crolli, si riconosce inoltre l'andamento di molti muri perimetrali appartenenti a probabili edifici che componevano il borgo.

Durante le campagne di scavo 2000 e 2001, nella zona sommitale sono state aperte quattro aree (1000 - 2000 - 4000 - 5000) all’interno dell’originaria area signorile e nei terrazzamenti ad ovest di quest’ultima.

In contemporanea è stato avviato lo scavo di due grandi aree (3000 - 7000) poste a ridosso della porzione sud-ovest e sud-est interna al circuito murario in corrispondenza dello spazio originariamente occupato dal borgo.

A queste attività è seguita la ripulitura del sottobosco in corrispondenza dell’area sud-est del borgo finalizzata a riportare in luce le evidenze murarie non ricoperte da depositi di terreno, in seguito posizionate nel rilievo generale dell’insediamento.

Il deposito sinora scavato ha evidenziato una complessa sequenza stratigrafica relativa ad un arco cronologico compreso tra IV-III secolo a.C. e XV secolo.

 

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Firenze, città artistica per eccellenza, a Firenze nacquero personaggi insigni come Dante, Boccaccio, Machiavelli e Galileo Galilei. Firenze è inoltre stata abbellita dalle opere di Michelangelo, Brunelleschi, Botticelli, Donatello e Giotto.

Chiunque visiti Firenze non rimane mai deluso! Questo grazie ad un eredità culturale ed artistica quasi unica in Europa e nel mondo, che ha le sue base nel medioevo ed il suo massimo splendore nel rinascimento. Firenze, insieme a Roma, sono la storia della nostra civiltà. A Firenze, nel XV secolo, vennero postte le basi per far rifiorire arte e cultura. Qui, grazie a scrittori come Dante, Petrarca e Machiavelli, nacque la cultura e la lingua italiana. Artisti come Botticelli, Michelangelo e Donatello, ne fecero una della capitali artistiche del mondo.

 

UN PO' DI STORIA

 

Firenze fu fondata dai Romani nel 59 a.C., che la battezzarono Florentia.Si nota il "cardo maximus" nella attuale via Strozzi, via degli Speziali e via del Corso; e il "decumanus" nella via Calimala, via Roma, via Por Santa Maria. Nell'attuale Piazza della Repubblica si trovava il Foro. Durante il periodo imperiale la città vide aumentare la sua ricchezza, divenne un centro commerciale dove operavano artigiani nelle botteghe, che poi renderanno famosa Firenze. Durante le invasioni barbariche la città subì molti assedi dagli Ostrogoti, dai Bizantini e dai Goti di Totila. Dall'invasione dei Longobardi alla prima notizia di un Duca nella città, gli abitanti si raccolsero attorno ai Vescovi, infatti in quel periodo si costruiscono monasteri, che diventarono centri di cultura e di lavoro. Fu conquistata poi dai Longobardi nel VI secolo, e solo successivamente la città emerse dalle nebbie del medioevo come città-stato indipendente.Quando i Longobardi furono sconfitti dai Franchi, il Duca venne sostituito dal Conte. Ai Conti successero i Marchesi, va ricordata l'ammirazione del popolo fiorentino per la Contessa Matilde che nel 1085 si armò contro Arrigo IV, e assicurò alla città mezzo secolo di saggia politica. Raggiunse i più alti apici di splendore tra l'XI e il XV secolo, diventando uno dei maggiori centri di potere in Italia, in equilibrio tra l'autorità degli Imperatori e quella dei Papi, superando il disagio delle lotte interne tra Guelfi e Ghibellini. Nel XV secolo Firenze passò sotto la Signoria dei Medici, ricchissima dinastia di banchieri che in seguito divennero Granduchi di Toscana. Firenze e tutta la Toscana rimasero sotto il dominio dei Medici per tre secoli. Fu proprio questo il periodo di massimo splendore della città,dal punto di vista artistico, culturale, politico ed economico. La città crebbe in modo spaventoso. Pittori, scultori e architetti riempirono strade, chiese e palazzi con le più grandi opere del rinascimento. Al Granducato dei Medici successe, nel XVIII secolo, quello dei Lorena, fino al 1860, anno in cui la Toscana entrò a far parte del Regno d'Italia, di cui Firenze fu capitale dal 1865 al 1871. 

FIRENZE, 1000-1300

 

La città di Firenze nei secoli XI e XII si espande e raggiunse a sud, la riva destra dell'Arno. Oltre il fiume sorsero i primi borghi, e quindi nel 1172 venne costruita una seconda cinta muraria. All'interno della prima cinta muraria, il tessuto urbano era molto fitto, costituito soprattutto da case- torri difensive, invece tra la prima e la seconda cinta l'edilizia era molto più rada e regolare, formata da case a schiera. Fra il XII e il XIII secolo la città aumenta la sua forza commerciale, il nucleo di questa forza è formato dagli artigiani, dai fabbri, dai calzolai, dagli orefici, con particolare sviluppo nella lavorazione della lana. Alla fine del 1100 la città aveva raggiunto la sua autonomia comunale. Nel Duecento il Governo era costituito dai Consoli, con l'aiuto dei Consigli cittadini. Coloro che detenevano il potere erano scelti nei ceti elevati di conseguenza nacque rivalità fra le famiglie più ricche. Le famiglie erano riunite in alleanze, questa condizione va sotto il nome di società delle torri, le case crescevano in altezza, all'occorrenza diventavano fortezza e tramite ponti mobili, le famiglie alleate, formavano un sistema di torri difendibili facilmente. La condizione della società cittadina imponeva un'architettura fatta di case allungate verticalmente, con aperture strette, buche e mensole per le travature dei ponti mobili. Le discordie fra le maggiori famiglie diventarono sempre più gravi fino alla formazione di due partiti, i Guelfi che fedeli al Papa osteggiavano l'Imperatore, e i Ghibellini, che fedeli all'Imperatore osteggiavano il Papa. Da principio i Ghibellini ebbero il sopravvento, ma il loro successo fu breve e nel 1250 i Guelfi tornarono al potere. Il Comune ebbe un ordinamento costituito dalla Signoria e la città ebbe un periodo di grande prosperità. Sono di questo periodo i trattati di alleanze con Lucca, Siena, Arezzo e gli acquisti di Volterra,San Gimignano, Poggibonsi. Tutto questo benessere fece riaccendere le lotte fra Guelfi e Ghibellini, e dopo un breve periodo di dominio Ghibellino, i Guelfi ripresero il potere e affermarono definitivamente il loro dominio sulla città. Grande importanza ebbero le Corporazioni divise in Maggiori e Minori, tra le Arti maggiori c'erano l'Arte della Lana, quella di Calimala, quella dei Giudici e dei Notai, Medici e Speziali, che portarono nella città ricchezza e benessere. Alla fine del XIII secolo, viene definito il centro politico e religioso della città, con la costruzione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore e del Palazzo Vecchio. Il trionfo del popolo, portò anche al trionfo della sua lingua il "volgare", che si affermava come lingua scritta e parlata, perchè fra tutti i dialetti era il più armonioso. Con la ricchezza venne il desiderio di rendere la città più bella, emergono le prime personalità fiorentine come Cimabue, Gaddo Gaddi per la pittura, Arnolfo di Cambio per la scultura, e si annunciava il genio di Dante e di Giotto. C'è un fiorire di chiese: S. Michele Visdomini, SS. Apostoli, San Nicolò, Santa Margherita Sopr'Arno, che vanno ad aggiungersi al Battistero e alla chiesa di Santa Reparata. 

Firenze, 1300-1400

 

Nella prima metà del Trecento vi sono eventi molto importanti per la vita sociale ed economica fiorentina. Sotto la spinta della fase di crescita, erano numerosi gli impianti di nuovi centri abitati, infatti le Terre Murate fiorentine, erano destinate a sostenere le scelte territoriali delle formazioni politiche, che assumevano la dirigenza. Agli inizi del secolo il tessuto urbano della città e le linee di sviluppo messe a punto nel secolo precedente non subiscono modificazioni di fondo. L' ultima cerchia muraria iniziata nel 1248, venne completata nel 1333, la cerchia includeva i borghi e i nuovi insediamenti produttivi, religiosi, che si erano formati all'esterno di alcune porte delle mura preesistenti, in corrispondenza dei principali assi di viabilità. Alcuni dei nuovi poli erano nati per l'azione svolta da vari ordini mendicanti ( Carmelitani, Francescani ). Questi erano ordini da tempo insediati in prossimità della precedente cerchia, lungo i percorsi principali: via Romana, le vie verso il Valdarno, la via verso la zona Pratese - Pistoiese, la via verso il Mugello e i valichi verso Bologna. Oltre a questi insediamenti lungo la cerchia si avevano insediamenti di carattere patrizio, che avevano creato delle importanti trasformazioni nel tessuto urbanistico. Quindi si nota un affermarsi di nuove tipologie edilizie. Il fenomeno era dovuto in modo particolare alle famiglie più ricche, che avevano interessi molto forti nel contado. Altre modifiche avvengono nell'area dentro la cerchia antica del 1078, in particolare nella zona attorno al mercato. Questi interventi presuppongono un riadattamento della città alle nuove esigenze funzionali e soprattutto dell'immagine. Questo secolo è caratterizzato da linee diverse di trasformazione del tessuto cittadino. Le grandi famiglie erano protagoniste dell'accorpamento delle proprietà edilizie, e delle trasformazioni tipologiche. A questi ceti si deve la creazione di ospedali, patronati religiosi. Le norme venivano emanate dalla Magistratura e dagli organi del Comune, e curavano la linea riferita alle iniziative di carattere pubblico, quindi i luoghi destinati alla rappresentanza pubblica e alle infrastrutture cittadine. Un'altra linea di trasformazione era quella delle iniziative di nuova edificazione, i promotori erano in genere organi religiosi o altre corporazioni, come le Arti. Il tipo edilizio era quello delle case disposte l'una accanto all'altra, situate su lotti con fronte strada molto ridotto. La Firenze di questo secolo era molto rinnovata rispetto al secolo XIII, ma il modello di funzionamento era sempre lo stesso. Il tessuto urbano era configurato secondo una concezione gerarchica sia nelle sue parti, che nelle sue funzioni, e rifletteva poi la struttura gerarchica delle istituzioni dell'epoca. Dopo che venne completata l'ultima cerchia muraria, il territorio venne organizzato in quattro quartieri, ogni quartiere era diviso in quattro gonfaloni. Nella zona più antica, quella intorno al Mercato Vecchio, c'erano le residenze e le botteghe di molte antiche famiglie, oltre alle sedi politiche principali. In modo particolare erano insediate le sedi delle Arti principali. Questa si presentava quindi come una zona molto satura, caratterizzata da un tessuto viario minuto, e da un'edilizia molto addensata. Agli spazi angusti della parte più antica della città, si contrapponevano le piazze attorno alla Cattedrale e al Battistero. Un tessuto più contrastato si trovava tra la fascia occupata dalla penultima cerchia e il circuito dell'ultima cerchia. In questa zona alla trama molto densa delle case e delle botteghe di piccole dimensioni, si trovavano i grandi edifici conventuali o religiosi degli ordini mendicanti francescani e domenicani. Le torri erano frequenti in questa parte della città, alcune delle quali vennero incorporate in altri edifici. In corrispondenza di piccoli slarghi si trovavano le Logge che accoglievano riunioni, incontri diventando il tramite nei rapporti della vita fiorentina. Nel centro della città si trovavano molti cantieri aperti, tesi a realizzare opere di prestigio; infatti proseguono i lavori della Cattedrale (Santa Maria del Fiore), in cui lavora sia Giotto che il Talenti; il Campanile del Duomo. Prossimi al Duomo sorsero, la chiesa di Orsanmichele, la Loggia del Bigallo, si lavora alla Loggia del Mercato, alla Loggia dei Lanzi; viene rifatta la chiesa domenicana di Santa Maria Novella, e quella francescana di Santa Croce, il Palazzo del Podestà (il Bargello), si sistema Piazza Signoria. Si lavorava anche al Ponte alla Carraia e a Ponte Vecchio (ricostruito nel 1345). Una caratteristica importante era quella della presenza di botteghe sui ponti (oggi sono rimaste solo su Ponte Vecchio). I lavori di rinnovamento architettonico della città, furono affidati ad Arnolfo di Cambio, per merito suo lo stile Gotico, diffuso in Europa dall'Ordine Cluniacense, acquista un carattere equilibrato, mediando con le forme romaniche riesce ad ottenere negli edifici sia civili che religiosi, un esempio di gotico solenne, con degli slanci contenuti e armoniosi. La città si andava suddividendo in due parti distinte: una più centrale situata a nord del fiume, l'altra più esterna situata attorno alla prima. Il corso dell'Arno funzionava da asse portante per tutta la città, infatti c'erano gli scavi fluviali, i molini, le gualchiere, inoltre era una fonte importante per prelevare la ghiaia e la rena per le costruzioni. La chiara articolazione tra le parti della città non si ritrova nella distribuzione delle classi urbane nel tessuto cittadino. I ceti alti non disdegnavano il contatto con i ceti subordinati, il tessuto sociale era misto, accanto al palazzo del nobile si affiancavano le botteghe, i laboratori degli artigiani. Alla fine del secolo ci sono collegamenti sempre più stretti tra i cittadini di Firenze e la campagna. Il paesaggio viene proprio modificato dall'interesse dei cittadini di investire in residenze fuori città e il paesaggio assume l'aspetto costruito e disegnato che ha tanto colpito l'immaginazione dei visitatori. 

FIRENZE, 1400

 

Il Quattrocento è per la città di Firenze, un momento di grande ripresa, sia economica che culturale. La gloria di aver dato vita a questi nuovi impulsi, che poi esprimeranno quel concetto di rinascita, di rinnovamento dell'arte, che darà vita al Rinascimento, va tutta alla città, che diventa il fulcro di questo movimento culturale. Il Rinascimento fin dalla sua prima fase di formazione, intorno agli inizi del Quattrocento, sviluppa delle tematiche nuove, accostandosi alle antiche con spirito d'innovazione. Il movimento appare strettamente connesso con la nuova borghesia mercantile fiorentina, e proprio la nuova classe, costituita dalle famiglie dei Pitti, dei Rucellai, dei Medici, degli Strozzi, diventano promotrici della nuova cultura e del nuovo gusto architettonico. La famiglia dei Medici, prima con Cosimo il Vecchio, poi con Lorenzo il Magnifico, collabora con artisti, filosofi, che studiando con fervore il reale mettono a punto una concezione dell' uomo che esprima i desideri della nuova Signoria. Nell'ambito della cultura fiorentina del Rinascimento, Cosimo il Vecchio, che era a capo di questo grande movimento di rinnovamento, proteggendo gli artisti, incoraggia le iniziative edilizie e artistiche utili alla città. Nelle sue dimore si riuniva l'Accademia Platonica, Cosimo e dopo di lui Giuliano e Lorenzo, erano parte attiva dei dibattiti, discutendo del buon governo e dell'arte. Grande fervore si ebbe in campo letterario, con Poggio Bracciolini, Coluccio Salutati; in campo filosofico, con Marsilio Ficino che rinnova l'Accademia Platonica a Careggi; nell'architettura troviamo, Filippo Brunelleschi, seguito da Michelozzo Michelozzi, Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellino, Giuliano da Maiano, Giuliano da San Gallo. Stimolo di questo di questo lavoro è lo studio dell' arte, della cultura e della filosofia greca e romana, studiata scientificamente. L'artista userà le tecniche tradizionali, con una nuova coscienza, cercando di approfondire l'indagine nei confronti del reale e della natura, quindi l'artista rinascimentale, seguendo questa via, lavora unendo la conoscenza scientifica all'arte, che diventa matrice comune, da cui l'artista non può prescindere. Natura e arte, diventano due fattori importanti; la conoscenza del reale presuppone lo studio e la conoscenza di nuovi mezzi, che l'artista troverà nella prospettiva, prospettiva, che diventa strumento di conoscenza per misurare e riprodurre la realtà. Questi nuovi studi daranno splendidi risultati sia nel campo della pittura che della scultura, e saranno alla base delle più grandi opere della pittura, dell'architettura e della scultura. Nel campo dell'architettura i nuovi studi trovano risposta nell'opera di Brunelleschi, con Donatello e Masaccio, figura fondamentale del rinascimento fiorentino. Il suo capolavoro è la Cupola di S. Maria del Fiore, che riassume in modo completo la sua attività. Oltre alla Cupola, lavora all'Ospedale degli Innocent, alla Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, intorno al 1423, alla Chiesa di San Lorenzo, alla Chiesa di S. Spirito nel 1436. Tra il 1429 e il 1443, diresse i lavori della Cappella dei Pazzi, il Brunelleschi fu il creatore del tipo classico del palazzo rinascimentale fiorentino, un esempio è Palazzo Pitti. La nuova società mercantile, si rivelava nella elegante e solida architettura del palazzo signorile. Si hanno iniziative dei gruppi al potere di fissare in aree non centrali le residenze, anche, per la maggiore facilità di reperimento delle aree, nelle zone più esterne del tessuto cittadino. Si hanno quindi importanti conseguenze urbanistiche, proiettate verso il desiderio di affermazione del gruppo dirigente, ed ha inizio la fase che interessa le nuove tipologie dei palazzi rinascimentali. I palazzi che vengono costruiti tendono a definire un tipo di edificio regolare, con pianta quadrata, cortile interno a colonne. Palazzo Medici, Palazzo Pitti, Palazzo Strozzi, Palazzo Rucellai, sono i nuovi edifici che riflettono, l'affermazione della ricchezza e della potenza delle principali famiglie fiorentine.

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Il secondo dei "Tre comuni", situato sul crinale di un dorso con andamento parallelo al mare. E' animato da vivace attività paesana e possiede un teatro del secolo scorso. Nella parte più vecchia mostra ancora traccie del terremoto del 1846. 

Il nome Guardistallo, prima Gualdistallo è di indubbia origine longobarda. I primi insediamenti umani, documentati dai reperti archeologici, vengono fatti risalire addirittura al periodo preistorico. Ritrovamenti di asce e pugnali di pietra e di bronzo, sepolture avvenute secondo il rito dell’inumazione in posizione rannicchiata, testimoniano per Guardistallo una presenza umana già 4-5 mila anni prima di Cristo. I reperti si trovano nella sezione preistorica del Museo Archeologico di Firenze. 

Il castello di Guardistallo fu sotto il dominio dei conti Della Gherardesca, ramo di Montescudaio, dall’anno Mille circa fino alla caduta della Repubblica di Pisa sotto Firenze nel 1406, quando si costituì in Comune. Gli statuti furono redatti insieme a quelli di Montescudaio e valsero per tutti e due i paesi; molte magistrature erano uniche. Nel 1447, come tanti altri castelli della Val di Cecina, venne occupato dalle truppe di Alfonso di Aragona, re di Napoli, che distrussero gran parte delle case e dei palazzi. Rimase tuttavia in piedi il cassero della rocca dei conti, che fu abbattuto solo dal terremoto del 1846. 

Mancano le notizie sui secoli XVI e XVII; sappiamo soltanto che nel 1551 Guardistallo aveva 428 abitanti.

Nel 1739 il territorio venne incorporato nel feudo del marchese Carlo Ginori composto dai territori di Cecina, Riparbclla, Casale e parte di Bibbona.In quegli anni dalla pianura costiera si diffuse la malaria che fece molte vittime anche nei paesi collinari e le fitte boscaglie che impedivano la ventilazione contribuirono ad aggravare la situazione. Nel 1742 il Targioni Tozzetti visitò il paese e lo descrisse così: “Guardistallo era già grosso castello, ma in oggi ha molto patito e vi sono molte rovine [...]. Ha vicine delle boscaglie e non ha acqua molto buona. Egli è però vero che chi non è obbligato a battere la pianura nell’Estate, vi campa molto e sano.” Dalla pianura costiera infatti si diffuse la malaria che fece molte vittime anche nei paesi collinari e le fitte boscaglie che impedivano la ventilazione erano le aggravanti della malattia. Nel 1745 Guardistallo aveva 415 abitanti e non era quindi cresciuta rispetto a 200 anni prima, ma nemmeno aveva subìto quel forte calo di popolazione che si riscontra in molti degli altri centri della zona in questo periodo. 

Dopo lo scioglimento dei feudi e la ridistribuzione delle terre nell’àmbito della riforma agraria leopoldina si formò anche a Guardistallo, a partire dal 1776, una nuova classe di facoltosi proprietari terrieri che favorì lo sviluppo dell’agricoltura e conseguentemente la crescita del paese: nel 1833 Guardistallo contava 1.140 abitanti. 

Il 14 agosto 1846 i paesi della costa toscana furono colpiti da un violento terremoto che in pochi attimi abbatté case, palazzi, chiese e torri. Gran parte dei castelli medievali nella zona compresa tra Casale, Volterra e Pisa fu distrutta in quell’occasione. Guardistallo, insieme a Orciano nella VaI di Tora, fu il paese che riportò i danni maggiori. Il 70% delle case fu distrutto e la parte del castello, la più alta del paese, andò completamente in rovina: il cassero della rocca con le abitazioni circostanti, la chiesa con il campanile e il cimitero furono ridotti a un ammasso di macerie. Restarono senza tetto 117 famiglie. 

Nel suo libro Istoria del Tremoto, pubblicato a Pisa nello stesso 1846, Leopoldo Pilla così descrive la situazione del paese: “Quando si dice che il tremuoto del 14 agosto ridusse il paese di Guardistallo in un cumulo di ruine, altro non rimane da aggiungere. Non una casa, non un tetto quasi fu risparmiato dal turbine che l’arte non dovesse demolire. [...) E nondimeno in mezzo a tanto sconquasso, fra tante estese mine quel paese non conta che la morte di un solo bambino. Incredibile cosa! [...] Le casupole mal costrutte erano da cima a fondo nabissate. [...] La (casa Franceschi) presentava tutti i palchi crollati e il muro davanti strapiombato nella sua parte superiore in una maniera spaventevole, ma ritto. [...] Un giovane di Guardistallo diede pruova di grandissimo coraggio nella occasione che si doveva appuntellare quel muro per impedire che la sua ruina finisse di fracassare le case vicine. 

Dopo il terremoto si riscontra una fase di ricostruzione e ampliamento del paese. Nel 1870 venne costruita la nuova chiesa sul lato dell’abitato rivolto verso il mare e quasi contemporanea è la costruzione della Villa Elena, casa residenziale dei Marchionneschi, una delle famiglie più importanti di Guardistallo. Nel 1883 i Marchionneschi fecero costruire addirittura un teatro, luogo di svago per le famiglie ricche del circondario ed espressione della loro agiatezza. E' con riferimento a questi tempi e a testimonianza dell’eleganza della vita dei suoi signori, che Guardistallo venne chiamata anche “la piccola Parigi” e i suoi abitanti presero il nome di “calzelunghe”. 

Alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1944, l’esercito tedesco in ritirata mise in atto una feroce rappresaglia in risposta alle azioni partigiane svoltesi nella zona. Sessantatre persone, tra le quali donne, ragazzi, molti sfollati e anche il sindaco, eletto appena il giorno prima, vennero rastrellate, portate fuori paese e fucilate. Un secondo eccidio di altre 120 persone fu impedito all’ultimo momento solo dal coraggioso intervento del parroco del paese, don Mazzetto Rafanelli. Il luogo dell’eccidio, lungo la strada per Cecina, è segnato da un cippo e il giorno del massacro, il 29 giugno, viene commemorato tutti gli anni con una processione. Sin dal dopoguerra il numero degli abitanti di Guardistallo è in diminuzione e nell’ultimo censimento è sceso sotto la soglia dei 1.000: 936 anime fra paese e campagna contro le 1.002 nel 1981.Oggi il paese si orienta soprattutto verso il turismo.

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Follonica ist eine schöne Stadt am Meer in der Provinz Grosseto, mit Blick auf das herrliche Meer der Toskana.

 

Berühmt für gute Gastfreundschaft und seinem Sandstrand und kombiniert die guten Lebendigkeit der Stadt mit dem reinen Meer, genannt Blue Flag für mehrere aufeinander folgende Jahre.

 

 

 

Die Rezeption ist von einer Reihe von Hotels, Residenzen, Apartments und Bed and Breakfast Basis.

 

Besonders beliebt bei Familien für die Ruhe des Ortes und das Meer ist immer ruhig und geht sehr langsam.

 

 

 

Quelle: www.follonica.com

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Dalle origini ai Medici.

La prima testimonianza storica relativa a Licorno risale al IX secolo,quando l’insediamento non era altro che una frazione del Porto Pisano.Il suo sviluppo iniziò alla fine del XIII secolo,quando in seguito agli statuti di Pisa del 1284 venne stabilito che il capitano del porto dovesse risiedere a Livorno.Gli stessi statuti,al fine di popolare il borgo portuale,disposero particolari facilitazioni doganali e privilegi a tutti coloro i quali,entro i dieci anni successivi,avessero deciso di fissare la propria dimora e attività a Livorno.Ma nell’Agosto del 1284 Pisa e Livorno vennero attaccate dai Genovesi e dai Lucchesi,che arrecarono moltissimi danni alle torri e al castello di Livorno.Siglata la pace nel 1299,cominciò il periodo della ricostruzione,che culminò con la fortificazione del porto di Livorno.Indissolubilmente legata a Pisa,Livorno ne subì le medesime sorti.In seguito all’uccisione di Pietro Gambacorta nel 1392,signore di Pisa dall 1370,la città ed il suo porto passarono per alcuni anni sotto il dominio del Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti.Pisa riuscì a ribellarsi al dominio visconteo nel 1405,ma l’anno successivo dovette arrendersi ad un nuovo nemico:Firenze.Livorno nel frattempo era passata sotto il governo di Genova,che durò fino al 1421,quando i genovesi si decisero ad acconsentire alla reiterata richiesta di Firenze di acquistare Livorno.Il Doge Tommaso Fregoso,trovandosi in bisogno di denaro per difendere la Repubblica di Genova dall’esercito milanese,vendette Livorno a Firenze nel Giugno del 1421 per 100.000 fiorini d’oro.Per la Repubblica Fiorentina l’acquisto di Livorno significò poter disporre di un porto proprio per quei commerci internazionali per i quali Firenze era ormai da tempo famosa.Esattamente come aveva fatto Pisa nel 1284,anche Firenze decise di facilitare il popolamento di Livorno.Molti artigiani fiorentini vi si stabilirono per costruire le galere volute dalla repubblica per il trasporto delle merci.

1200 fiorini l’anno vennero stanziati per la costruzione di una galera ogni sei mesi.La repubblica inoltre decise di mantenere a Livorno tutta una serie di agevolazioni fiscali per permettere lo sviluppo della città portuale che in seguito all’insabbiamento del porto di Pisa ben presto divenne il primo scalo marittimo della Toscana.Ma è con la salita dei Medici al potere che la storia di Livorno visse una vera e propria svolta.Già agli inizi del Cinquecento il cardinale Giulio de’ Medici,salito poi al soglio pontificio nel 1523 con il nome di Papa Clemente VII,ordinò ad Antonio da Sangallo il Vecchio il disegno per una fortezza difensiva.Non sono certe le date di costruzione di quella che oggi viene detta la Fortezza Vecchia:secondo alcuni storici infatti l’edificio difensivo venne eretto tra il 1521 e il 1524,mentre secondo altri i lavori andarono avanti fino a dopo il 1530.E’ invece sicuro che il Sangallo inglobò nella fortezza alcune strutture preesistenti come la torre di Matilde e la “quadratura dei pisani”.

 

Livorno sotto il Granducato di Toscana.

Il primo granduca di Toscana,Cosimo I,nel 1548 emise una legge con la quale veniva concesso a qualunque persona che decidesse di stabilirsi a Livorno,l’annullamento di ogni debito contratto in precedenza.La legge fece sì che già alla metà del Cinquecento Livorno iniziasse a conoscere quel fenomeno di immigrazione destinato a farsi sempre più consistente con le leggi del 1593.Cosimo I inoltre ordinò a Giorgio Vasari un progetto per la costruzione del nuovo molo,e nel frattempo pensò a fortificare ulteriormente la città che continuava a crescere in importanza.Una volta morto Cosimo I,il figlio Francesco ne continuò l’opera,rivolgendosi all’architetto Bernardo Buontalenti per il disegno di una nuova Livorno,una sorta di città fortezza con il Duomo al suo centro.Il 28 Marzo 1577 lo stesso Francesco I,nel corso di una solenne cerimonia,pose la prima pietra delle nuove mura di Livorno.Il Granduca Mediceo che tuttavia legò più di altri il proprio nome alla città di Livorno fu Ferdinando I,fratello di Francesco I e salito al potere nel 1587. Fu ordinando infatti a Realizzare il progetto del Buontalenti. Livorno divenne dunque una città con solide mura circondate da un canale navigabile,ricca di palazzi,magazzini,caserme e dogane.Un altro canale navigabile unì Livorno a Pisa.Ma ciò che più di tutto contribuì al rapido sviluppo della città portuale fù la pubblicazione.il 10 Giugno del 1593,delle famose “leggi Livornine” a favore dei mercanti di ogni luogo e di ogni religione.In pratica si trattava di un vero e proprio indulto con il quale si favoriva il

Popolamento della città,dando asilo politico a tutti coloro che intendessero stabilirsi a Livorno ed aprirvi un’attività.La legge favorì in modo particolare gli Ebrei,che approdarono nel porto toscano un po’ da tutti i paesi Europei.Nel 1606,tre anni prima di morire,Ferdinando I volle coronare la sua opera innalzando Livorno all’onore di città.Il figlio di Ferdinando,Cosimo II,si trovò dunque ad amministrare una città assai fiorente,ricca di artigiani e mercanti,dove si incrociavano razze e culture molto diverse tra loro.Livorno,nel XVII secolo,rappresentò un raro esempio di convivenza tra tanti popoli e alla fine del 1700 era già divenuta la seconda città della Toscana con 80.000 abitanti (Firenze ne aveva 100.000).Sotto Cosimo II venne realizzato il Porto Mediceo,e la città venne dichiarata porto franco.

 

Livorno oggi.

Con Cosimo II si chiude il periodo di massimo sviluppo di Livorno,che comunque continuò a veder prosperare i propri commerci.Nessuno dei granduchi successivi tolse infatti alla città i privilegi doganali che le avevano permesso quella rapida evoluzione. Con l’annessione del Granducato di Toscana al Regno d’Italia,Livorno conobbe un nuovo sviluppo,non più legato soltanto al porto commerciale,ma anche ad alcune attività industriali ad esso collegate.

Ai cantieri navali piano piano si aggiunsero altre attività industriali (chimica,petrolchimica,metalmeccanica,conservazione del pesce) che oggi fanno di Livorno un centro moderno e molto attivo.Anche l’attività turistica nacque alla fine dell’Ottocento,trasformando Livorno in una stazione balneare molto ambita e rinomata già agli inizi del nostro secolo.La città conobbe anche un’importante stagione culturale,animata da scrittori come

Marrani,pittori come Fattori e Modiglioni e musicisti come Pietro Ma scagni,tutti di nascita livornese.

La seconda guerra mondiale causò numerosi danni a Livorno,che pure seppe riprendersi con rapidità.Oggi la città conta più di 170.000 abitanti,e la provincia,che si estende tutta lungo la costa,abbraccia 20 Comuni.Ben cinque delle sette isole che formano l’arcipelago toscan0 sono inoltre in provincia di Livorno:Gorgonia,Capraia,Elba,Pianosa e Montecristo.

 

ARTE

Chiese e palazzi

Il centro dell’antica città disegnata dal Buontalenti è rappresentato da Piazza Grande,dove si affaccia il Duomo dedicato a San Francesco ed eretto tra il 1594 e il 1606 su disegno di Alessandro Pieroni.Il duomo venne poi ampliato nel corso del 1700.I bombardamenti della seconda guerra mondiale procurarono danni ingenti al Duomo Livornese,che è stato poi ricostruito secondo le linee originali.L’interno è a croce latina ad unica navata,e vi si conservano pregevoli opere,come l’Assunta del Passignano e san Francesco che riceve il Bambino da Maria dell’Empoli.A destra dell’ingresso invece si ammira il monumento al marchese Marco Alessandro del Borro,opera dell’artista fiorentino Giovan Battista Foggini.Piazza Grande è stata completamente ricostruita dopo l’ultimo conflitto mondiale,e pertanto i palazzi che vi si affacciano sono tutti d’impronta moderna.Dietro al Palazzo Grande,che si trova di fronte al Duomo,si apre il largo Municipio con il Palazzo Comunale eretto nel 1720 su disegno di Giovanni del Fantasia.All’interno dell’edificio si conserva un bel dipinto del Sustermans,che ritrae il granduca Ferdinando II nell’atto di ricevere i mercanti.Imboccando la Via S. Giovanni si arriva alla chiesa omonima originaria del Duecento ed ampliata nel 1624.Non lontano dalla chiesa di San Giovanni Battista si trova il tempio intitolato a Santa Caterina,anch’esso opera settecentesca di Giovanni del fantasia con all’interno l’incoronazione della Vergine di Giorgio Vasari.Ancora al oggini si deve invece il disegno della chiesa di San Ferdinando,detta anche della Crocetta,costruita tra il 1707 e il 1714.Senza dubbio si tratta di una delle chiese più interessanti della città con bellissime opere di Giovanni Baratta all’interno.All’angolo tra via Grande e piazza Guerrazzi si trova il palazzo del Picchetto,un bell’edificio del 1707 eretto per usi militari.Non distante si incontra il Costernino,ossia l’edificio dove veniva regolata la distribuzione dell’acqua.Il Costernino è opera di impianto neoclassico disegnata da Pasquale Poccianti nel 1842.Pochi anni prima,tra il 1829 e il 1832,lo stesso Poccianti aveva realizzato il Cisternone,vale a dire il serbatoio dell’acquedotto.Nei pressi del Cisternone si trova il palazzo De Larderel,fatto erigere in pure linee neoclassiche nel 18321850,dall’industriale De Larderel.

Poco a sud di Livorno si trova il Santuario della Madonna di Montenero,eretto nel XVI secolo su un colle al posto di un preesistente oratorio.Secondo la leggenda,nel 1345 un’immagine della Madonna arrivò all’Ardenza dall’isola Eubea.L’immagine venne portata da alcuni eremiti sul colle e racchiusa dentro un oratorio.Ben presto la fama dei miracoli della Madonna di Montenero si sparse lungo la costa tirrenica,e il santuario divenne meta di pellegrinaggi.Alle pareti della sagrestia si trovano moltissimi ex voto che testimoniano il vero e proprio culto che nei secoli si è sviluppato intorno alla Madonna di Montenero.

 

La città medicea

Il cuore della città antica è il Duomo,voluto da Bernardo Buontalenti al centro di quel pentagono di mura che circondava la Livorno del Rinascimento.Il Fosso Reale delimita l’antico centro a sud,mentre a nord-ovest e a nord-est si trovano rispettivamente la Fortezza Vecchia e la Fortezza Nuova.Voluta dal Duca Alessandro De’ Medici la Fortezza Vecchia venne disegnata da Antonio da Sangallo.I lavori per la costruzione della Fortezza iniziarono nel 1531 e si protrassero fino al 1537.La fortezza ha un perimetro murario di 500 metri e tre bastioni.Su uno dei due portali d’ingresso si trova lo stemma del Duca Alessandro.La Fortezza Nuova invece venne eretta nel 1590,sotto il granduca Ferdinando I,su disegno di Giovanni dei Medici,Vincenzo Bonanni e Bernardo Buontalenti.In origine,le due fortezze erano unite da una cortina che venne abbattuta nel corso del XVII secolo per dare spazio ai quartieri di Venezia Nuova e San Marco,i più caratteristici della città.Immediatamente a sud della Fortezza Vecchia si apre il Porto Mediceo,con la vecchia darsena,il Fortino della Sassaia e il Molo Mediceo.Da quest’ultimo si raggiunge la Torre del fanale,eretta la prima volta nel XVI secolo e distrutta nel corso del secondo conflitto mondiale.La torre è stata poi ricostruita nel 1955 secondo le linee originarie.Alla sua base si trovano i resti del lazzaretto voluto da Francesco I nel 1582. 

Sul fianco orientale della Vecchia Darsena- si apre piazza Giuseppe Micheli.E’ qui che nel 1607 venne eretto quello che è poi divenuto il gruppo scultoreo simbolo di Livorno:il Monumento a Ferdinando I,detto anche dei Quattro Mori.Si tratta di una statua del Granduca con l’uniforme dei Cavalieri di Santo Stefano scolpita da Giovanni Bandini e posta su uno zoccolo intorno al al quale si trovano quattro mori incatenati,fusi da da Pietro Tacca e aggiunti al monumento in un secondo tempo.I quattro schiavi turchi furono fusi con i cannoni presi agli arabi e ai turchi vinti dai soldati del granducato durante l’ardita spedizione del 1607 voluta proprio da Ferdinando I per conquistare la città di Ippona.

 

I Macchiaioli e il museo Giovanni Fattori.

Intorno alla metà del secolo scorso,a Firenze si formò il più importante e costruttivo movimento artistico dell’Ottocento italiano,quello dei Macchiaioli.La scuola dei macchiaioli nacque in contrapposizione e contrasto all’accademismo che aveva caratterizzato la prima metà del secolo con i suoi “quadri Storici” . La teoria che fù alla base di questo movimento pittorico era quella della “macchia”,che cronologicamente precede l’impressionismo francese e che per alcuni aspetti vi si avvicina.I macchiaioli ritenevano che il pittore dovesse rendere esattamente ciò che l’occhio umano percepisce,ossia macchie colorate di luce e di ombra.Il maggiore rappresentante del movimento dei macchiaioli fù il pittore Giovanni Fattori,nato a Livorno nel 1825.E proprio al più importante esponente della “macchia” Livorno ha intitolato un museo.Il museo Civico Giovanni Fattori si trova all’interno del parco di villa Fabbricotti,in una palazzina ottocentesca.Il museo conserva una collezione di dipinti di Fattori tra i quali “Pagliaio,I buoi,Antignano,Sulla spiaggia,Torre rossa,Butteri,Battaglia di san Martino,La signora Martelli,Ritratto della Moglie “. Il Museo Civico possiede alcune opere antiche come la Madonna col Bambino attribuita a Sandro Botticelli e la Crocifissione di Neri di Bicci.

 

Museo Civico Giovanni Fattori 

 

Villa Mimbelli

Via San Jacopo in Acquaviva

Telefono 0586.808001 - 804847

L'importante raccolta di dipinti di Giovanni Fattori e di altri macchaioli e post macchiaioli conservata a Livorno - che di Fattori fu la città natale - ha ricevuto una sistemazione razionale e una degna collocazione nella prestigiosa Villa Mimbelli. 

Nelle belle sale della Villa, realizzata nel 1865 su progetto dell'architetto Giuseppe Micheli e recentemente restaurata, la collezione civica e' stata riordinata secondo un preciso criteriostorico-artistico e arricchita da un nuovo gruppo di interessanti opere sinora conservate nei depositi. 

Nel complesso si sono potute disporre sui tre piani della villacecentotrentasei opere sinora conservate nei depositi.Oltre ai dipinti di Fattori ,che costituiscono la parte piu' riccae pregevole della raccolta,il nuovo Museo offre al pubblico e aglistudiosi la possibilita' di apprezzare famose e importanti operedi pittori ,quali, Silvestro Lega, Cesare e Giovanni Bartolena, i Tommasi, Vittorio Corcos, Michele Gordigiani, Leonetto Cappiello, ed altri, che hanno caratterizzato le vicende artistiche italianea cavallo tra ottocento e novecento

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