Pitigliano è un caratteristico borgo della Maremma grossetana, unico nel suo genere per la particolarità di essere costruito interamente su di un masso tufaceo, il chè lo rende uno dei luoghi più interessanti dell'area del tufo.

 

Conosciuto anche per la tradizionale festa della “Torciata di San Giuseppe” durante la quale, bruciando un pupazzo simbolico si dà l'addio all'inverno, il paese nel corso degli anni è divenuto un’importante meta turistica della Maremma.

 

Il territorio fu abitato già in epoche molto antiche, come può essere facilmente testimoniato dai numerosi reperti di origine etrusca, come le necropoli e le vie cave, riportati alla luce nelle aree circostanti il paese, leggenda vuole che il borgo sia stato fondato da due giovani, Petilio e Celiano che, scappando dalla loro città dopo aver rubato un oggetto importante decisero di rifugiarsi in questa parte della Toscana, fondando un nuovo paese.

 

Attualmente, da recenti campagne di scavo archeologico, è risultato che Pitigliano fu sede di stanziamenti protostorici già durante le varie fasi dell’età del bronzo (2000 – 1000 a.c.). Successivamente divenne sede di un importante insediamento Etrusco di cui restano parti di mura e numerose necropoli. Il nome Etrusco di Pitigliano non è conosciuto, forse trattasi di quella Statnes (o Staties) che in epoca romana divenne Prefettura e fu detta Statonia.Il nome di Pitigliano invece deriva dalla gens Petilia, importante famiglia romana che dette il proprio nome a diverse località. Dall’862 inizia il dominio della famiglia Aldobrandesca che dura fino alla fine del XIII secolo. Nel 1293 a seguito del matrimonio dell’ultima erede della famiglia Aldobrandesca, Anastasia, con Romano Gentile Orsini, Pitigliano diviene una Contea di questa famiglia guelfa. Fino dalla fine del 1400 divenne per gli Ebrei un importante centro, tanto che nel 1598 fu eretto un Tempio tuttora esistente. Nel XVII la Contea passa sotto il dominio dei Medici e nella prima metà del settecento entra a far parte del Granducato di Toscana del quale seguirà le sorti fino all’unità d’Italia.

 

Le antiche tradizioni e i costumi del borgo toscano sono raccontati all'interno dei musei che vi sono stati allestiti: il Museo della Civiltà Giubbonaia, che raccoglie antichi utensili utilizzati in campagna e nelle case, il Museo di Palazzo Orsini, il Museo Civico e Archeologico ed infine il Museo all'Aperto”La Città dei Vivi, La Città dei Morti”, dedicato alla storia etrusca sul territorio.

 

Pitigliano è molto ricco di monumenti ed edifici che ne raccontano la storia, passeggiando per il paese si possono infatti incontrare l'imponente Duomo,costruito nel corso del XVI secolo e dedicato ai Santi Pietro e Paolo, la Chiesa di Santa Maria, anticamente intitolata a San Rocco, il Santuario della Madonna delle Grazie, il Palazzo Orsini, la Fortezza Orsini ed infine il Monumento alla Progenie Ursinea, costituito da un masso di pietra con gli stemmi della famiglia e sormontato da un orso araldico.

 

Poco fuori dall'abitato si trova il Cimitero Ebraico, visitabile su prenotazione. Nel Ghetto la Sinagoga, costruita nel 1598 è stata recentemente restaurata e nei locali adiacenti è stato realizzato un Museo di Arte e Cultura Ebraica. Nei vicoli sottostanti si sviluppano vari ambienti scavati nel tufo: il bagno rituale, la macelleria e la cantina kasher, il forno degli azzimi, tutti recuperati e visitabili".

 

Apprezzabile è inoltre la produzione dei vini DOC “Bianco di Pitigliano” e "Rosso Sovana" .

 

Da assaporare i dolci tipici, i cosiddetti “Sfratti” a forma di piccoli bastoni con miele e noci che, nella tradizione popolare, ricordano nella forma il bastone con cui veniva bussato alla porta quando le autorità eseguivano lo sfratto.

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Secondo Servio, commentatore dell'Eneide di Virgilio, Populonia sarebbe stata la prima città etrusca fondata da un popolo venuto dalla Corsica o dai Volterrani. Gli scavi smentiscono questa versione perché le tombe più antiche di Populonia sono di epoca Villanoviana quindi si escludono interventi còrsi. Inoltre Volterra non può avere fondato Populonia perché le sue tombe sono più recenti. Oggetti di pietra levigata fanno pensare all'esistenza di Populonia già nell'età neolitica. In epoca Villanoviana c'erano due stanziamenti che lavoravano il rame e due diversi nuclei che si fusero insieme in un'unica città: Populonia.

Il nome Populonia (Pupluna) deriva dal nome del dio Fufluns, divinità inizialmente legata all'agricoltura e poi identificata con Bacco. L'etimologia del nome sembra dunque connessa con la fertilità del suolo. Populonia è l'unica città etrusca che viene fondata sul mare, la più settentrionale lucumonia costiera. Populonia faceva parte delle 12 città , una lega religiosa di dodici - città stato - che una volta l'anno si riuniva presso Voltumna (probabilmente vicino al lago di Bolsena), sede di un santuario; qui avevano svolgimento riti religiosi, feste e giochi e venivano prese di comune accordo anche decisioni politiche.

Baratti-Populonia era divisa in due parti: la parte alta e la parte bassa. La parte alta, corrispondente all'acropoli, era abitata da persone ricche che avevano il potere politico; nell'acropoli veniva anche praticato il culto. La parte bassa era la zona dei morti,la necropoli, vicino ad essa risiedevano le persone più povere. Qui si trova anche la zona industriale, con i forni per la lavorazione dei metalli e, nel IV sec. a.C., del ferro: la città fu infatti assai fiorente nel settore sia minerario che industriale. Populonia raggiunse il massimo dello sviluppo e dello splendore nel V sec. a.C, grazie agli intensi scambi commerciali con la Grecia.

Il popolo etrusco credeva che i defunti continuassero a vivere nelle tombe; i defunti venivano sepolti infatti con un corredo funebre personale. Gli Etruschi erano un popolo amante dei piaceri della vita; gli affreschi infatti hanno spesso come tema banchetti sontuosi a cui partecipavano sia uomini che femmine. Il patrimonio culturale di questo popolo è così vasto e ricco che Roma ne rimase talmente affascinata ed influenzata da far propri molti aspetti culturali ed architettonici di questa civiltà.

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L'origine di Rosignano paese, è antichissima e con moltissime probabilità etrusca. Il primo documento scritto fin'ora conosciuto, che ricordi Rosignano, è dell'anno 762, mentre Vada si trovava già chiaramente indicata nella carta 'Peutingeriana' del 330 o 395 a.C. 

Rosignano fin dall'anno 900, cioè dopo la dominazione Longobarda, e durante quella dei Carolinghi, fu compresa nel Marchesato di Toscana e, fin d'allora seguiva le sorti di Pisa; più propriamentedella sua Mensa Arcivescovile che a quell'epoca, si può dire, rappresentava una specie di potere delegato per l'esercizio del quale la Mensa stessa ne traeva notevoli profitti.

1238 - Il Comune di Pisa stanziò 300 danari per la costruzione della torre fortificata di Vada, da utilizzarsi come faro per l'entrata dei navigli nel porto. Questa operazione fù necessaria per incrementare il commercio e lo sviluppo della popolazione in una zona considerata allora deserta ed insalubre; così, nel 1285 Pisa decise esenzioni e privilegi ai nuclei familiari che si stabili in quella rada.

1406 - Firenze annesse il territorio. Ma nel 1431 Rosignano si ribello a Firenze e si schierò con il duca di Milano Filippo Maria Visconti allora in guerra con Firenze. Intorno al 1433 i fiorentini ripresero i paesi insorti, e a causa della loro ribellione ne smantellarono le fortificazioni dei castelli di Vada e Rosignano. Per tale motivo verso il 1450 Vada rimase abbandonata per cui restò bosco e palude fino al 1564 anche sesolo nel 1547 i cittadini gedendo di un esonero ventennale da tasse e da tributiiniziarono un insediamento contadino nelle zone spopolate del Comune.

Sotto il profilo del potere pubblico risulta che vada dal MedioEvo al 1500, fece Comune a sè ed ebbe propri consoli, governatori ed ambasciatori.

1776 - Il territorio di Vada sotto il gran Ducato di Toscana, cominciò ad estendersi a Rosignano , integrando infine il comune di Castenuovo

 

1809 - La Toscana appartenne al Governo francese e, di conseguenza Rosignano fu soggetto al Prefetto del Circondario di Livorno

 

In seguito alle bonifiche attuate tra Otto e Novecento, sulla costa dominata dall’abitato di Rosignano Marittimo nel 1914 venne eretta la fabbrica della società Solvay, destinata a creare un polo industriale molto importante e un insediamento umano che oggi conta 16.000 abitanti. Rosignano Solvay è infatti la frazione più popolosa del comune di Rosignano, e l’abitato si è sviluppato immediatamente a nord-ovest dell’insediamento industriale dove vengono prodotti soda caustica, carbonato e bicarbonato di sodio. La stessa Società Solvay ha in gran parte contribuito alla costruzione del paese, secondo quel criterio di “città giardino” che ha molto influenzato il Novecento europeo. La costa di Rosignano Solvay è caratterizzata da ampie spiagge con moderni stabilimenti balneari. Particolarmente rinomate sono le così dette “spiagge bianche”, che si trovano a sud dell’abitato.

 

.Spiagge desolate e bianche, mare azzurro ed acqua limpida... un sogno che pochi si possono permettere: un viaggio ai Tropici o in una piccola isola dell'emisfero australe. E l'impressione che si ha percorrendo la Statale Aurelia, che collega Livorno a Grosseto, in direzione Sud, è proprio questa: una spiaggia tropicale, senza palme, ma con il mare azzurro e la sabbia candida. 

Dall'alto dell'Aurelia, provenendo da Livorno e superata l'uscita di Castiglioncello, prima di giungere a quella di Rosignano Marittimo, volgendo lo sguardo lungo la costa frastagliata, appare un'anomala striscia di spiaggia bianchissima, lunga circa quattro chilometri. Questo luogo particolare è noto, non a caso, con il nome di Spiagge Bianche.

Il motivo dell'insolito colore della sabbia è la conseguenza di anni di lavorazione dell'industria di bicarbonato che ha il proprio stabilimento a Rosignano Marittimo, a circa un chilometro della costa.

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San Gimignano si erge con il profilo delle sue torri, su di un colle (m.334) a dominio della Val d’Elsa. Sede di un piccolo villaggio etrusco del periodo ellenistico (III-II sec. a.C.) inziò la sua storia intorno al X secolo prendendo il nome del Santo Vescovo di Modena: San Gimignano, che avrebbe salvato il borgo dalle orde barbariche. Ebbe grande sviluppo durante il Medioevo grazie alla via Francigena che lo attraversava. Tant’è che San Gimignano ebbe una straordinaria fioritura di opere d’arte che adornarono chiese e conventi. Nel 1199 divenne libero comune, combattè contro i Vescovi di Volterra ed i comuni limitrofi, patì lotte intestine dividendosi in due fazioni al seguito degli Ardinghelli (guelfi) e dei Salvucci (ghibellini). L’otto maggio 1300 ospitò Dante Alighieri, ambaciatore della lega guelfa in Toscana. La terribile peste del 1348 ed il successivo spopolamento gettarono San Gimignano in una grave crisi. La cittadina dovette perciò sottomettersi a Firenze. Dal degrado e abbandono dei secoli successivi si uscì soltanto quando si cominciò a riscoprire la bellezza della città, la sua importanza culturale e l’originaria identità agricola.

 

Itinerari artistici

 

Il Duomo o Chiesa Collegiata, consacrata nel 1148, strutturata su tre navate è arricchita da pregevoli affereschi di scuola senese: Vecchio e Nuovo Testamento (Bartolo di Fredi e "Bottega dei Memmi"); Giudizio Universale (Taddeo di Bartolo), opere di scuola fiorentina: Storie di Santa Fina (Ghirlandaio), San Sebastiano (Benozzo Gozzoli), Statue Lignee (Jacopo della Quercia) e sculture di Giuliano e Benedetto da Maiano. Tutto questo fà della Collegiata di San Gimignano un museo di grande prestigio.

 

Palazzo comunale Cortile e Sala di Dante con la Maestà di Lippo Memmi. Museo Civico e Pinacoteca con opere di Filippino Lippi, Pinturicchio,Benozzo Gozzoli, Domenico di Michelino, Pier Francesco Fiorentino, Sebastiano Mainardi, Lorenzo di Niccolò di Martino, Coppo di Marcovaldo ecc... Inoltre dal museo civico si può visitare la Torre Grossa o del Podestà costruita nel 1311 ed alta 54 metri. 

Museo d’arte Sacra : Tele, tavole e frammenti lapidei provenienti da chiese e conventi soppressi. Argenterie, corali e vesti liturgiche.

 

Chiesa di Sant’Agostino : Storie di Sant’Agostino (Benozzo Gozzoli) resti di affreschi trecenteschi, tavole e tele di autori diversi (Benozzo Gozzoli, Piero del Pollaiolo, Pier Francesco Fiorentino, Vincenzo Tamagni, Sebastiano Mainardi). Cappella di Santo Bartolo(Benedetto da Maiano). 

Chiese minori: Santo Bartolo, S. Jacopo, San Piero, San Francesco (resti), S.Lorenzo in Ponte.

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Caratteristico borgo aggrappato su un costone di roccia circondato dal verde. La sua particolare ubicazione consente un soggiorno piacevole, dove l'aria fresca della collina viene addolcita dalla vicinanza del mare. Numerose ed attrezzate strutture ricettive, soprattutto nella campagna, offrono ospitalità per una rilassante vacanza climatica

 

Il territorio di Sassetta è di una bellezza rara e mai scontata, i boschi che circondano il borgo medioevale, composti in prevalenza da castagni e lecci, sono ricchi di fascino e mistero, un fascino singolare legato alla qualità di questo territorio bello e allo stesso tempo aspro ed impervio. È questo forse l'aspetto che meglio caratterizza Sassetta e i suoi dintorni, una bellezza selvaggia quasi primitiva. Il centro abitato situato sopra speroni di marmo rosso conserva le tracce di una storia millenaria. Molti furono i potenti che si avvicendarono per esercitare il potere su Sassetta, i più antichi dei quali furono i Pannocchia della famiglia Pisana degli Orlandi che dominarono in questi luoghi per circa quattro secoli. Nel 1405 Sassetta seguì il destino di molti castelli a lei vicini, passò infatti sotto il potere di Firenze allorché la famiglia dei della Gherardesca, che in quegli anni esercitava diritti sul castello, accettò l'atto di sottomissione alla Repubblica Fiorentina. Il centro storico, dominato dal Castello, è formato da un continuo intrecciarsi di vicoli e viuzze al termine dei quali spesso si aprono scorci meravigliosi che regalano una forte sensazione di serenità e pace, e che fanno di Sassetta il luogo ideale per ritrovare una dimensione naturale che sempre più rischiamo di perdere

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Una delle città più importanti d'Italia, Siena, situata al centro della Toscana, inizialmente centro etrusco, di passaggio tra Volterra e Arezzo, divenne poi romana, scendendo al rango di città minore; ebbe maggior fortuna sotto il dominio longobardo come unica città di transito sulla Via Francigena tra Lucca e Viterbo, in questo periodo crebbero le sue dimensioni e si potenziò economicamente attraverso le attività commerciali dei propri prodotti. In questo modo, nel 1200, presero vita le attività bancarie, per mezzo delle famiglie più importanti della città e dai banchieri della Curia Apostolica. I luoghi più importanti per le transazioni erano lungo il tratto urbano della Francigena e nella Piazza del Campo, unica grande piazza della città, che a tutt'oggi esercita un fascino particolare.

Dopo la resa a Firenze, nel 1559, Siena fu annessa al Granducato di Toscana, ma i Medici, dopo avervi fatto edificare una fortezza, la abbandonarono per i due secoli successivi, portando Siena ad una forte crisi sia economica che demografica

Dall'arrivo della ferrovia in città nel 1850, Siena riprende vita, dà forza all'antica Università dove vanno ad iscriversi da ogni parte d'Europa, apre una importante industria farmaceutica e ripristina l'attività bancaria

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E' un suggestivo borgo medievale a pochi passi dalla Costa degli Etruschi. Le sue origini risalgono a prima del Mille, e fu tra il X e il XIV secolo che assunse la fisionomia ancora riconoscibile. Oltre alla cinta muraria, furono costruiti in questo periodo la Chiesa di San Giusto, la Rocca, il Palazzo Comunale e il Chiostro di San Francesco. Feudo dei conti Aldobrandeschi, divenne libero comune della Repubblica di Pisa; e nel 1399 entrò a far parte della Signoria degli Appiani. Da allora, per alcuni secoli, fu parte integrante del Principato di Piombino, sotto il quale venne edificato il cinquecentesco castello di Belvedere e furono realizzate le ferriere di Cornia ai Forni. Durante l'epoca napoleonica venne assegnato a Elisa Bonaparte Baciocchi, che organizzò nella località boschiva di Montioni un villaggio produttivo e termale. Nel 1815 divenne comune del Granducato di Toscana, di cui condivise le sorti fino all'unità di Italia. La sua economia, a carattere prevalentemente agricolo e forestale, ne hanno fatto un vivace comune, compreso prima nella Provincia di Pisa e successivamente in quella di Livorno.

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Città magica e misteriosa, Volterra affonda le sue radici in tremila anni di storia. Del periodo etrusco sono la cinta muraria, la Porta all’Arco, la Necropoli di Marmini e tutti gli incantevoli manufatti che sono oggi conservati nel Museo Etrusco Guarnacci, uno dei più ricchi d’ Italia. C’è poi un famoso lascito dell’epoca romana, che è il Teatro di Vallebuona, assolutamente da vedere, disteso alle pendici della città. Ma l’impatto globale restituisce l’immagine tipica del borgo medievale, con le sue stradine, le viuzze torte, i colori rosso laterizio della pavimentazione, le torri che svettano oltre le case, le piazze che si aprono a sorpresa da un intrico di strade.

Durante il periodo estivo Volterra si trasforma in uno dei palcoscenici più brillanti d’Europa grazie alla manifestazione “Volterra Teatro” che con il suo cartellone denso di rappresentazioni ed eventi vi permetterà di godere di una vacanza ricca non solo di relax, ma anche di stimolanti momenti di incontro culturale. 

Il modo più giusto per scoprire Volterra è quello di lasciarsi guidare dall’istinto girando in libertà. Scorci, chiese e piazze non tarderanno a farsi largo sotto i vostri occhi increduli, seguiti da piacevoli incontri con negozietti di artigianato (soprattutto alabastro e cuoio) e personaggi dalla simpatia tutta toscana. Qualunque percorso scegliate vi ritroverete sempre in Piazza dei Priori con il naso all’insù a guardare le facciate del Palazzo dei Priori o l’abside del Duomo. E probabilmente finirete, come tutti, per affacciarvi oltre la Porta dell’Arco sul belvedere mozzafiato che domina tuta la collina. 

Il Festival Internazionale di Teatro di Volterra si tiene in luglio.

Propone una programmazione mista che comprende teatro, musica, danza, video, poesia ed è aperta ad altre iniziative non strettamente teatrali di tipo umanitario.

 

Nel mese di luglio si tengono inoltre rappresentazioni teatrali nei comuni intorno a Volterra, il cui cartellone è disponibile sempre presso l’organizzazione di “Volterra Teatro”:

Peccioli 

Pomarance 

Castelnuovo Val di Cecina 

Montecatini Val di Cecina 

Monteverdi Marittimo

 

Il direttore artistico della rassegna è Armando Punzo.

L’organizzazione è a vostra disposizione ai seguenti recapiti

E-mail: carteblanche@iol.it

E-mail Festival del teatro: volterrateatro@libero.it

Chi arriva a Volterra nei primi giorni del mese di luglio può contattare direttamente l’organizzazione presso l’ufficio istituito nella Piazza dei Priori.

 

Da vedere a Volterra

Piazza dei Priori, Palazzo dei Priori, Porta d’Arco, Palazzo Viti, Duomo, Battistero, Via Ricciarelli, Via Buonparenti, Museo Etrusco Guarnacci, La Fortezza, area Archeologica Vallebuona.

contribuito a renderla unica nel panorama delle città d’arte. Del periodo etrusco rimangono la cinta muraria, l’imponente Porta all’Arco, la necropoli dei Marmini e i numerosi reperti archeologici conservati nel Museo Etrusco Guarnacci, dall’Ombra della Sera, con il suo profilo unico, alle urne cinerarie, ai gioielli finemente lavorati. Il Teatro di Vallebona, di età augustea è testimone dell’importanza che Volterra ebbe in età romana.

Ma è dal Medioevo che deriva la struttura della città che ritroviamo, non solo nella cinta muraria, quella più interna, ma anche nel tracciato urbano, con le sue strette viuzze, i suoi palazzi, le case-torri, le chiese.

La civiltà rinascimentale interessa Volterra in maniera notevole, ma senza alterarne l’atmosfera medievale. Di questo periodo sono i superbi palazzi, Minucci Solaini, Incontri-Viti, Inghirami, inseriti nel contesto urbano medievale, l’imponente Fortezza Medicea, il complesso conventuale di San Girolamo

Volterra è anche città di musei. Oltre al Museo Etrusco troviamo la Pinacoteca Civica, con testimonianze pregevoli di scuola senese e fiorentina, tra cui la “Deposizione dalla Croce” del Rosso Fiorentino. Il Museo dell’Opera del Duomo inoltre raccoglie importanti opere di oreficeria, sculture trecentesche di scuola senese, antifonari miniati.

L’artigianato dell’alabastro, inoltre, che ha intrecciato la propria storia

con quella della città, rappresenta un altro punto di notevole interesse. E visitando le numerose esposizioni o curiosando nelle botteghe artigiane in giro per la città si avrà modo di respirare un po’ di quella magica atmosfera che circonda Volterra.

Ma non c’è solo arte e storia. Il territorio circostante è ricco di bellezze naturali e paesaggistiche che offrono al visitatore occasioni per escursioni organizzate a piedi, a cavallo, in bicicletta, lungo chilometri di percorsi segnalati alla scoperta di luoghi unici e caratteristiciVolterra è anche famosa per la sue specialità gastronomiche della tradizione toscana e per la sua calda ospitalità che è in grado di offrire ad ogni tipo di turista con i suoi numerosi alberghi, aziende agrituristiche, appartamenti per vacanze, con un attrezzato campeggio e un moderno ostello.

Durante il periodo estivo inoltre manifestazioni culturali, come VolterraTeatro, concerti di musica classica e moderna, mostre d’arte e manifestazioni folcloristiche permettono agli ospiti di avere una vacanza ricca non solo di relax e tranquillità, ma anche di stimolanti momenti di incontro culturale

L'Alta Val di Cecina, costituita dai territori comunali di Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina, Pomarance e Volterra, è delimitata ad ovest dalla Val di Cornia e dalla bassa Val di Cecina, a nord dalla Val d'Era, ad est dall'alta Val d'Elsa e a sud dalle Colline Metallifere. Essa possiede un ricco patrimonio di beni storici, artistici, archeologici e paesaggistici quasi da costituire un "unicum" in Toscana tanto da ispirare scrittori, poeti e pittori quali Rosa, Stendhal, Lawrence, Dennis, Corot, D'Annunzio e Cassola.

Infatti, oltre alle testimonianze millenarie delle civiltà etrusca, romana, medievale e rinascimentale disseminate sul territorio e custodite in prevalenza a Volterra, città d'arte e centro culturale dell'intera vallata, la Val di Cecina evidenzia una ricca varietà di paesaggi che vanno dalle colline metallifere alle aree boschive come le foreste di Berignone-Tatti e Monterufoli, dalla macchia mediterranea, al paesaggio delle "colline volterrane" costituito da calanchi, balze e poggi dal dolce declivio.

Sul pendio orientale del Poggio La Croce sorge Montecatini Val di cecina l'antico Monteleone, dominato da una torre, ai cui piedi si stende l'abitato con i caratteri tipici del centro medievale costruito intorno agli elementi rappresentativi del potere politico e religioso che si identificano nel palazzo pretorio con un elegante portico e nella trecentesca chiesa di S. Biagio.

Montegemoli è caratterizzato dalla struttura emergente del castello con la sua torre rotonda e con le sue forme rinascimentali.

Pomarance conserva importanti vestigia del suo antico passato come la Porta Orciolina e la Porta di Casale della cinta muraria trecentesca, la chiesa di S. Giovanni con dipinti del Roncalli, del Cercignani e dell'Ademollo, il Palazzo Pretorio nonché i Palazzi Pucci, Bicocchi, Bardini e De Larderel.

Montecastelli è caratterizzato da una massiccia torre a base quadrata di epoca medievale e dalla chiesa romanica di SS. Filippo e Giacomo (sec. XIII) a tre navate densa di pilastri con capitelli figurati. Nelle vicinanze del cimitero, si trova la Buca delle Fate, un ipogeo etrusco del sec. VI a.C.

A S. Dalmazio sono interessanti i resti di mura medievali con due porte che racchiudono l'abitato dalla forma pressoché circolare e la chiesa di forme romaniche che conserva un tabernacolo in terracotta della bottega di Luca della Robbia.

Nelle vicinanze i resti dell'imponente Rocca Sillana.

Anche Montecerboli ha la struttura circolare di un antico castello con borgo medievale.

Castelnuovo Val di Cecina è circondato da un paesaggio boschivo e conserva la sua forma urbana "a grappolo" dove si possono distinguere le diverse fasi di espansione.

Sasso Pisano si struttura intorno al suo nucleo più antico, il castello, posto nel punto più elevato del luogo.

Serrazzano, interessante dal punto di vista urbanistico, conserva del di vista urbanistico, conserva del periodo medievale due porte della cinta muraria e tracce del basamento murario a scarpa, nonché la chiesa di S. Donato che presenta all'interno interessanti volte gotiche e la graziosa chiesa romanica di S. Antonio.

Una torre a pianta quadrata e la chiesa di S. Martino caratterizzano l'abitato della Sassa , mentre alla destra, su uno sperone roccioso sorge Querceto, interessante per l'insieme delle costruzioni che compongono la villa castello e dalla stupenda pieve di S. Giovanni.

Alle testimonianze storico-artistiche la Val di Cecina unisce la ricchezza dei suoi prodotti endogeni. L'alabastro, con cui si realizzano prodotti di raffinato artigianato, il salgemma, estratto nelle industrie di Saline di Volterra , e il calore dei soffioni boraciferi che viene sfruttato nelle centrali termoelettriche di Larderello, tipico centro industriale con la chiesa progettata da Michelucci e con un interessante museo della Geotermia.

Anche Ponteginori , costruito nel 1919 dalla Società Solvay, costituisce in Val di Cecina un esempio unico di villaggio industriale tipico delle aree minerarie del nord Europa.

Infine Libbiano, Micciano, Lustignano e La Leccia edificati su poggi attestano ancora nella forma urbana l'antica origine castellana.

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Il nome Montescudaio viene dal latino Mons Scutarius o Mons Scutaris, ma l’insediamento è molto più antico e risale all’epoca villanoviana, ai primi stadi della formazione della civiltà etrusca. In una tomba nei pressi del paese fu trovata un’urna cineraria del IX o X secolo a.C. che per la sua pregevole e singolare decorazione con figure plastiche sul coperchio costituisce una testimonianza unica e molto importante di quell’epoca. Si trova, insieme ad altre suppellettili, al Museo Archeologico di Firenze.

I primi documenti storici si hanno intorno all’anno Mille, quando il "castello", vale a dire il paese fortificato e circondato di mura, apparteneva ai conti della Gherardesca. In quel periodo i conti si insediarono stabilmente a Montescudaio, dove costruirono un palazzo o una rocca e, a partire dal Trecento, diedero origine a un proprio ramo della casata, che prese il nome dal paese: i conti di Montescudaio. Era, a quanto pare, una stirpe particolarmente spavalda e irruenta, discendente da tale Giovanni Della Gherardesca che per la sua scarsa prestanza fisica era chiamato "il Bacarozzo". Già nel 1305 i figli del Bacarozzo furono denunciati perché avevano compiuto scorrerie e furti di bestiame nel territorio volterrano. Nel 1345 i Montescudaio, alleati con la Repubblica di Pisa e da essa nominati vicari in Maremma, furono protagonisti di un clamoroso episodio di tradimento: con lettere contraffatte indussero i castelli della loro giurisdizione, Montescudaio, Guardistallo, Bibbona, Rosignano, Vada e Fauglia a ribellarsi contro Pisa stessa. Ovviamente la rivolta fu domata perché non molto tempo dopo i Montescudaio furono di nuovo accettati a Pisa, dove più tardi ebbero un ruolo non secondario nella lotta tra le fazioni per il potere nella città. Nel 1395-96 si rivoltarono di nuovo contro la Repubblica compiendo scorrerie nel territorio pisano, ora spalleggiati da Firenze.

Nel 1406 quando Pisa con tutto il contado venne venduta a Firenze, i conti si affrettarono a farsi accreditare anche in questa città e vennero nuovamente nominati vicari in Maremma. Ma gli abitanti di Montescudaio riuscirono in questa circostanza a liberarsi di loro, sottomettendosi volontariamente alla Repubblica fiorentina dalla quale ebbero il permesso di costituirsi in Comune. Nel gennaio 1406, infatti, una delegazione di quattro uomini di Montescudaio, insieme a un’altra di Guardistallo, partì per Firenze per trattare la sottomissione. I rappresentanti ottennero non solo l’autorizzazione a costituirsi in Comune e a redigere i propri statuti, ma anche l’estromissione dei conti, ai quali venne imposto il divieto di entrare nel castello di Montescudaio.

Il territorio del Comune era costituito da piccole proprietà private e da vaste aree comunali — in gran parte pascoli e boschi — che venivano sfruttate collettivamente. Gli abitanti di Montescudaio potevano far pascolare le bestie e tagliare la legna per proprio uso dietro pagamento di una somma stabilita dagli statuti e da versare al camarlengo della comunità. La caccia e la pesca erano libere.

Gli statuti — che valevano sia per Montescudaio che per Guardistallo e dal 1414 anche per Casale Marittimo — regolavano le elezioni dei consoli (la massima carica governativa, i cui nomi venivano estratti da una borsa), e dei consiglieri, eletti a voce. Gli statuti definivano i diversi incarichi comunali e stabilivano le pene e le multe, le quali, oltre ai canoni per i pascoli, costituivano una delle entrate maggiori del Comune. Veniva multato ogni tipo di trasgressione: giocare alla palla in piazza, bestemmiare, fare lordura in paese, mandare le bestie al pascolo fuori dai tempi e dai confini stabiliti, ma poteva essere multato anche un operaio che, per esempio, aveva in affitto una terra comunale e la lavorava poco o male.

Gli statuti regolavano anche la vita dei paesani durante le stagioni:

in marzo avevano l’obbligo di fare l’orto, da maggio i "viari" dovevano occuparsi delle strade, a settembre si potevano assoldare le guardie comunali per vegliare le vigne e i fichi. Si stabiliva inoltre il numero di bestie che ogni famiglia poteva mandare sul pascolo, si regolava la macellazione e la vendita delle carni e si decretava che le stoppie e le ghiande fossero riservate ai maiali, gli animali più importanti per l’alimentazione familiare che potevano anche circolare liberamente in paese.

Per quanto riguarda le norme d’igiene, non si dovevano abbeverare gli animali nella fonte riservata agli uomini e gli abitanti avevano l’obbligo di spazzare l’uscio davanti a casa, soprattutto la domenica. Quando le acque sporche venivano versate in strada bisognava avvertire in anticipo e in particolare di notte si doveva gridare tre volte "acqua" prima di rovesciare qualcosa sul selciato.

La comunità subì diverse invasioni e devastazioni. Nel 1447 venne assalita e saccheggiata dalle truppe di Alfonso d’Aragona, re di Napoli, in guerra con Firenze. L’invasione, tra l’altro, fu resa possibile da un altro tradimento dei conti di Montescudaio che si erano alleati con gli Aragona facilitando così la caduta dei castelli maremmani. Nel 1478 Montescudaio subì l’invasione da parte di Ferdinando d’Aragona, figlio di Alfunso, e l’anno dopo, venne saccheggiato dalle stesse truppe fiorentine, partite per riconquistarlo. In seguito a trattative, gli abitanti riuscirono almeno a evitare l’incendio del castello.

L’epoca del Comune terminò nel 1648, quando i Medici fecero di tutta l’area un feudo che venne concesso al marchese Ridolfi di Firenze e a essi riconfermato ancora dai Lorena nel 1738. Il terreno tornò allora a essere proprietà del "Signor padrone", la caccia e la pesca furono di nuovo privilegi del feudatario. Il marchese Ridolfi le vietò con un decreto del 1778 in tutto il suo territorio, provocando un accesa protesta della popolazione.

Un’altra parte dei boschi era vincolata dalle Regie Ferriere della Magona a Cecina, stabilimento per la fusione e la lavorazione del ferro, che aveva il diritto esclusivo dello sfruttamento dei boschi circostanti per approvvigionarsi della legna necessaria alla conduzione dei forni.

Il XVII e il XVIII furono perciò secoli alquanto difficili per gli uomini di Montescudaio. I feudi vennero aboliti con la legge del 1749, introdotta dai Lorena, e a partire dal 1770 iniziarono a Montescudaio le vendite e le concessioni in affitto dei terreni sia granducali che comunali nell’àmbito della riforma agraria del granduca Pietro Leopoldo. La riforma si proponeva una nuova e più capillare distribuzione delle terre per favorire una coltivazione più razionale e intensiva, aiutata anche dalle nuove tecniche agricole. Si raggiunse infatti questo scopo, ma non a vantaggio della popolazione del castello, bensì creando un nuovo ceto di proprietari terrieri, i quali facevano lavorare i campi a giornata oppure a mezzadria. Gli abitanti di Montescudaio avevano tentato di opporsi alla privatizzazione dei terreni comunali mandando una supplica al provveditore di Pisa, nella quale esprimevano la loro preoccupazione che le terre potessero finire in mano a pochi possidenti che avrebbero potuto chiedere pagamenti eccessivi per pascolo, coltivazione e legna o negarle del tutto. Alla popolazione sarebbe stato così messo "il gancio alla gola". La supplica fu respinta come immotivata, ma in realtà più della metà delle terre comunali di Montescudaio venne assegnata a due soli proprietari, il Guerrini di Montescudaio e Vincenzo Cancellieri di Casale.

Nel 1846 l’agglomerato delle case più antiche del castello venne distrutto da un violento terremoto. Mentre il borgo, che si estendeva a sud verso la vallata, si salvò in gran parte, in alto tutte le case crollarono e anche la chiesa di Santa Maria, appena ampliata e ornata, fu rovinata. Otto persone morirono sotto le macerie.

Il granduca nella sua visita alle zone terremotate si fermò anche a Montescudaio stanziando fondi per la ricostruzione.

Un’altra scossa di terremoto colpì l’abitato nel 1871 e distrusse completamente ciò che era rimasto anche parzialmente in piedi, come gli avanzi del vecchio palazzo dei Montescudaio.

Nell’Ottocento si ebbe un notevole incremento demografico, anche se la situazione economica rimaneva difficile (nel 1784, si contavano 434 abitanti; nel 1825, 707; nel 1841, 1.008 e nel 1901, 1.931). Dopo l’Unità d’italia le tasse erano molto gravose, i redditi bassi e basse anche le entrate del Comune. Il numero dei "miserabili" aumentava notevolmente. Si registravano spostamenti tra i paesi di manodopera, in cerca di lavoro, anche stagionale. L’attività era prevalentemente agricola e i prodotti principali erano, come da secoli, l’olio e il vino. All’inizio del Novecento il vino costituiva un prodotto importante nel commercio provinciale.

Montescudaio ha raggiunto il massimo degli abitanti nel 1927 con 2.880 unità. Dopo la seconda guerra mondiale si è verificato il crollo demografico dovuto all’emigrazione verso i nuovi centri industriali e commerciali lungo la costa, Cecina e Rosignano (nel 1951 Montescudaio annoverava 2.010 abitanti; mentre nel 1967, soltanto 1.298). Il Comune è comunque riuscito a controbilanciare la perdita con il nuovo insediamento del Fiorino, località al confine con Cecina, e la vicina zona industriale di Poggio Gagliardo. Così nell’ultimo censimento si è verificato persino un lieve aumento del numero degli abitanti. Rimane il problema dell’invecchiamento della popolazione: il 40% dei residenti ha più di 60 anni.

Oltre all’attività artigianale e industriale a Poggio Gagliardo, Montescudaio ha registrato un notevole sviluppo nel campo del turismo con nuovi complessi residenziali lungo la strada per Cecina.

Da 19 anni Montescudaio produce un vino DOC, rosso e bianco, che può essere acquistato nelle dieci aziende agricole che formano il consorzio del vino Doc di Montescudaio (ricavato dalle uve dei vitigni Sangiovese, Trebbiano, Malvasia, Canaiolo rosso e Ciliegino per il rosso; Trebbiano, Malvasia, Vermentino e Canaiolo bianco per il bianco. La produzione è di 6.000 ettolitri l’anno.

Tratto da Guida alla Val di Cecina, a cura di Susanne Mordhorst, Nuova Immagine Editrice

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Il suo mare e le meravigliose spiagge, il piano fiorente ed ubertoso, i dolci colli, le ridenti cittadine e gli stupendi monti biancheggianti di marmi, insieme fusi, in un'armoniosa incomparabile armonia, formano una delle contrade più attraenti ed esclusive d'Italia, la Versilia.

La sua estensione è di circa 165 Kmq.; la costa, sabbiosa e con fondale basso, si sviluppa per 20 Km. e, le sue montagne raggiungono vette di 1800 m ed oltre.

E' delimitata a nord dalla foce del Cinquale, ad est dal crinale delle Alpi Apuane, a sud dal lago di Massaciuccoli e ad ovest dal mare Tirreno.

Il territorio è diviso, per la Versilia storica, nei comuni di Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema, mentre, per la parte restante, nei comuni di Camaiore, Massarosa e Viareggio. Tutti quanti appartengono amministrativamente alla provincia di Lucca. La Versilia storica è rimasta appartenente alla Diocesi di Pisa al contrario di Camaiore, Viareggio e Massarosa che fanno parte di quella di Lucca

Il territorio è reso fertile da una fitta rete di torrenti e canali che lo attraversano; il più importante (che assegna il nome alla zona), nasce dalla confluenza tra il Serra ed il Vezza e sfocia in mare nei pressi del Cinquale dopo un tortuoso percorso di 15 km. 

Lungo la costa, a pochi metri dal mare, si trovano innumerevoli pinete che si estendono per chilometri. Quella forse più rinomata, il parco della Versiliana (80 ettari), si trova a Marina di Pietrasanta ed è stata resa celebre da alcune poesie del poeta vate G. D'Annunzio che vi soggiornò e ne fu ispirato.

Nelle pinete, in generale, si concentrano molte attività ricreative: maneggi, campi da tennis, piste ciclabili, giostre, spazi per picnic, ecc..

Pietrasanta, situata a circa 3 km. dal mare, è storicamente la città capoluogo della Versilia.

Detta "La piccola Atene" per via delle ricchezze artistiche e culturali, è resa ancora più interessante dal circondario che è l'ideale per escursioni ricche di storia e di fascino.

La frazione rivierasca (Marina di Pietrasanta) suddivisa fra Fiumetto,

Tonfano, Focette e Motrone, permette un tranquillo soggiorno anche al più esigente dei turisti

Forte dei Marmi, con i suoi locali e negozi d'alta classe, è riuscita a selezionare un turismo di élite ed è una delle mete turistiche più esclusive e mondane della riviera. Passeggiando per le sue strade o frequentando i locali non è per niente difficile incontrare VIP o celebrità.

I comuni di Seravezza e Stazzema, a pochi chilometri dal mare, nel declivio delle Alpi Apuane, formano l'Alta Versilia. Costi ridotti, tranquillità, clima d'altura sono le carte vincenti per accogliere un turismo sempre più crescente.

Camaiore, con la vastità del suo territorio (è il comune che non fa provincia più grande d'Italia), riesce a variare l'offerta per i suoi numerosi turisti che possono scegliere se soggiornare nei pressi del mare o nell'entroterra.

Viareggio, grazie ai caratteristici edifici in stile liberty viene definita "La perla del Tirreno" ed è famosa soprattutto per il Carnevale che si svolge in inverno e richiama turisti da tutta Italia e dall'estero.

Per questo è riconosciuta, anche se impropriamente, come la città capoluogo della Versilia. A renderla ancora più nota contribuiscono i cantieri navali dai quali escono alcune delle più eleganti imbarcazioni d'altura. Massarosa, situata nell'entroterra possiede caratteristiche paesaggistiche e culturali assai diverse rispetto alle zone rivierasche. In questi luoghi, dove si hanno notizie d'insediamenti umani che risalgono al paleolitico, il turista ha la sensazione di trovarsi in un'oasi prettamente toscana. La presenza del lago di Massaciuccoli - il "caro bozzo" di Giacomo Puccini- e affascinanti e incantevoli paesaggi, verdi colline ricoperte da vigneti e oliveti, sublimi viste panoramiche, il tutto arricchito da una cucina fantastica, fanno della zona una meta ambita per i turisti desiderosi di evitare la più caotica vita della riviera.

Fa cornice alla Versilia, il parco delle Alpi Apuane nel quale sono possibili escursioni guidate, alpinismo, trekking o soggiorni nei numerosi rifugi.

Qui il turista può fondersi completamente con il paesaggio.

Su queste montagne, dove la gente è più genuina, dove il tempo sembra scorrere più lentamente, dove regna una pace dal sapore quasi mistico, si nascondono le tradizioni più ferrate e, volgendo lo sguardo verso il mare, ci si può rendere veramente conto di trovarsi in un autentico angolo del Paradiso

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