Pisa

Incerta è l’origine di Pisa , molte sono le teorie sulla fondazione di questa città in ogni caso fra le più antiche d’Italia.

La pianura su cui sorge, che si estende dalle pendici del Monte Pisano fino alla foce dell’Arno,era caratterizzata dalle paludi, e la foce del fiume formava un grande acquitrinio, favorendo un riparo naturale per le imbarcazioni, e la nascita e lo sviluppo della città.

Dionisio Alicarnasseo descrive Pisa come ricca e fiorente, dal tempo in cui giunsero i Pelasgi.

Catone, nelle sue Origini, ne parla come una delle città più antiche e Plinio nella sua Storia Naturale attribuisce la fondazione della città ai Pisi Alfei Pelasgi, comandati da Pelope, circa tre secoli prima della guerra di Troia. Anche Solino afferma: “Chi non sa che da Pelope Pisa?”. Virgilio asseriva che Pisa, di origine etrusca, mandò ben mille uomini in aiuto di Enea, al suo passaggio in Italia, dopo la distruzione di Troia.

Strabone adotta due ipotesi, attribuendo la fondazione sia a Tarconte, principale

esponente della mitologia etrusca, sia ai Pisei del Peloponneso che, nell’assedio di Troia ,erano comandati da Nestore.

In base a queste teorie, l’origine sarebbe dal 1600 a.C. al 600a.C, più antica se si riferisce ai Pelasgi, più recente, se riferita agli Etruschi o ai Liguri. Tutte queste ipotesi si basano in ogni caso sugli scritti risalenti ad un periodo assai posteriore, quindi, in quanto all’attendibilità, bisogna ammettere che diventa piuttosto problematica. “Come dal fumo fuoco s’argomenta, sol si trae la certezza di remotissima antichità per la città nostra” così commentava il Tronci riguardo alla fondazione di Pisa. Data la struttura paludosa del territorio anche i reperti archeologici non sono mai stati così numerosi e consistenti da sfatare o comprovare una di queste.

Fatto sta che la città sorse alla foce dell’Arno stretta fra questo fiume ed il Serchio circondata da terreni paludosi che si estendevano per tutta l’attuale pianura.

Avrebbe avuto vari nomi, da un primitivo Teuta a un successivo Alfea , ma il nome attuale deriverebbe dagli Etruschi, che per Pise, con il significato di foce, indicavano i presumibili nuclei sparsi che formavano nel suo insieme, la città; ciò spiegherebbe anche il plurale dell’appellativo latino che prese in seguito: Pisae.

Il nucleo cominciò a svilupparsi in special modo grazie al porto ed al commercio via mare.Difficile risulta anche localizzare il punto esatto in cui doveva trovarsi il Porto Pisano. Approssimativamente si vuole situato immediatamente a nord di Livorno, zona oggi identificata con Calambrone e Stagno, in pratica contiguo all’attuale porto labronico.

Con il passare del tempo e forse a causa dei continui interramenti, il porto si era fatto così angusto che, in epoca medioevaleeste supposizioni e stabilire con certezza la localizzazione del primo insediamento

esso poteva venir chiuso e per così dire recintato con delle catene in modo da impedire che il nemico potesse entrarvi.

A niente però servì questo accorgimento nel 1342 ,quando i genovesi,con una mossa a sorpresa,poterono prima divellere le catene e poi occupare il porto. Le catene, poi donate ai fiorentini, hanno costituito a lungo un prestigioso trofeo di guerra; adesso sono appese ad una parete del Cimitero Monumentale pisano.

Del Porto e dei relativi commerci parlavano molto bene Lucano e Tito Livio e così la descriveva in versi il poeta Rutilio Numanziano: “Portum quem fama frequentat Pisarum emporio divitusque maris”. La prosperità avvenne per il commercio basato principalmente sulle uve, il grano, il farro, e sul legname che giungeva attraverso l’Arno dal Casentino

Pisa riforniva tutto il Mediterraneo, ed importava dall’Oriente.

Con la dominazione etrusca iniziò a stringere rapporti commerciali anche con il ricco entroterra che faceva capo alla fiorente Velathri, Volterra, rafforzando ulteriormente una già consolidata economia.

Questa ricchezza di transiti commerciali portava Pisa ad avere rapporti con tutte le maggiori civiltà mediterranee, arricchendola anche culturalmente, e formandogli con la conoscenza, l’esperienza e il desiderio di autonomia, quella naturale originalità che l’ha contraddistinta in tutta la sua storia.

Nel III secolo a.C. le incursioni dei Liguri diventarono sempre più frequenti, ostacolando notevolmente il commercio marittimo e compromettendo la stabilità e la sicurezza del nucleo abitato. Pisa decise così di passare sotto la protezione di Roma.

Divenne un avamposto capitolino e fu una base determinante nella guerra di Roma contro i Galli, i Cartaginesi ed i Liguri.

La guerra fra questi ultimi e i Romani, che si svolse presso la città sulla foce dell’Arno durò diversi anni, e visse fasi alterne, fino alla decisiva vittoria capitolina, nel 180 a.C. Pisa divenne così colonia romana, dotata di ampia autonomia, e ricominciò il proprio commercio via mare in maniera più consistente, anche se il proprio prestigio, nell’entroterra, era sempre più offuscato dalla crescente potenza della vicina Lucca, che si estendeva affacciandosi sulla pianura di fronte al Monte Pisano.

Nonostante ciò , pochi anni prima della nascita di Cristo , Pisa cominciò a strutturarsi urbanisticamente divenendo in breve tempo una delle città più floride d’Italia, specialmente grazie all’efficienza del proprio porto.

I reperti della civiltà romana sono numerosi, e sparsi in tutto il nucleo urbanizzato e nei dintorni. I resti più significativi sono comunque le antiche terme, comunemente chiamate ” Bagni di Nerone”.

Risalirebbe al 47 dell’era cristiana lo sbarco dell’Apostolo Pietro che riuscì a prendere terra alla foce dell’Arno all’incirca in quella località che oggi si chiama S. Piero a Grado; lì pare abbia fondato una chiesa, dove è situata l’attuale Basilica, e convertì un tal Pierino che fu poi consacrato come primo Vescovo di Pisa.

Un altro avvenimento di quel periodo è la decapitazione del cristiano Torpete, San Torpè, venerato anche in Provenza come S. Tropez.

Qualche secolo dopo iniziarono le invasioni barbariche ,gli invasori imperversarono per tutta la penisola, seminando morte e distruzione dappertutto, ma Pisa non ne risentì come Roma, anzi, fu probabilmente allora che gettò le basi per il proprio sviluppo maggiore. .

Grazie alle conquiste per mare, alla fama acquisita, all’importanza degli scambi marittimi, Pisa, intorno alla metà del VI secolo ebbe delle condizioni favorevoli sotto l’egemonia bizantina di Narsete, che succedette agli Unni.

Lucca fu la sede dei dominatori, ed anche i Longobardi, che seguirono la tennero come caposaldo, lasciando comunque una certa autonomia alla città portuale.

Fra la fine del secolo ed in quello a venire, fu edificata una protezione intorno al nucleo urbano.

Dal 774 furono i Franchi a detenere il potere, e un episodio da citare è risalente all’828, quando il Conte Bonifacio di Lucca, al comando di una nave e flotta pisana, inflisse una dura sconfitta ai Saraceni, che imperversavano per tutto il Mediterraneo.

L’opera di costante difesa delle coste tirreniche e dei traffici marittimi dai Saraceni , come pure l’arginamento dell’avanzata araba, fu uno dei tratti salienti e più famosi della storia di Pisa.

Il centro di potere della Tuscia era ancora probabilmente Lucca, ma anche Firenze cominciò a crescere di considerazione, mentre Pisa cercava di defilarsi il più possibile, accrescendo via mare la propria ricchezza e fama

Pare che sia proprio grazie a questo tesoro che fu affidato all’Architetto Buscheto l’incarico di iniziare la costruzione della Cattedrale in quel grande complesso architettonico conosciuto come “Campo dei Miracoli”e che ancora oggi rappresenta il simbolo di Pisa.

Più o meno coeva a quella del Duomo è la costruzione di numerose chiese romaniche, che per certi caratteri formali e strutturali si ricollegano al maggior monumento cittadino, come la Chiesa di San Frediano, la Chiesa di San Michele degli Scalzi, la Chiesa di San Zeno, la Chiesa di San Pierino, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Chiesa di San Sisto e la Chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno che rappresenta il più importante impegno costruttivo per la città dopo il Duomo.

Nella seconda metà del secolo cominciarono ad incrinarsi i rapporti con Genova , che sfociarono con la conquista del porto di Rapallo, da parte di Pisa, nel 1075 e in una battaglia di fronte alla foce dell’Arno qualche tempo dopo.

Alla morte di Goffredo a capo del feudo toscano gli successe la moglie, Duchessa Beatrice, coadiuvata dal genero Goffredo ” Il Gobbo” e dalla di lei giovane figlia Matilde Contessa di Canossa, che per la morte di entrambi i congiunti, nel 1076 si trovò da sola a gestire uno dei governi che fu ritenuto in seguito fra i più illuminati

In effetti l’impresa, più che una guerra santa, fu a carattere economico e di potere, non essendo molto in accordo i messaggi biblici con le conquiste a prezzo di saccheggì , morte e distruzione.

Pisa acquistò comunque una grande importanza, e sebbene in Italia dipendesse dall’Imperatore e facesse parte del marchesato di Lucca, era ormai la indiscussa dominatrice economica di tutto il Mediterraneo avendo ben saputo indirizzare le proprie flotte sulla conquista dei punti più strategici per il commercio, che successivamente furono potenziati.

Nel 1115 morì la Contessa Matilde, a Lucca, ed ebbe inizio il declino di questa città a vantaggio di Firenze, ma iniziò a rifulgere di luce propria la Repubblica Marinara di Pisa.

Usciva da poco dalla più consistente conquista marittima, quella delle Baleari, che oltre al valore militare e prestigioso le aprì la strada ai proficui scambi commerciali e politici con l’Aragona e la Castiglia.

Nel 1118 fu consacrato il Duomo da Papa Gelasio II, che confermò all’Arcivescovo di Pisa l’ingerenza sulla Corsica, acuendo però i contrasti con Genova.

In seguito, grazie all’intervento di Papa Innocenzo II, le due potenze marinare si accordarono e nel 1133 si trovano alleate contro l’emergente Amalfi ,in favore dell’Imperatore.

Pisa appoggiava sempre lo scudo imperiale, manifestando chiaramente le proprie profonde radici ghibelline, sebbene con l’originalità di mantenere, con una abilissima diplomazia, un certo distacco che gli permettesse il proprio agire autonomo……..

 

Pare che sia proprio grazie a questo tesoro che fu affidato all’Architetto Buscheto l’incarico di iniziare la costruzione della Cattedrale in quel grande complesso architettonico conosciuto come “Campo dei Miracoli”e che ancora oggi rappresenta il simbolo di Pisa.

Più o meno coeva a quella del Duomo è la costruzione di numerose chiese romaniche, che per certi caratteri formali e strutturali si ricollegano al maggior monumento cittadino, come la Chiesa di San Frediano, la Chiesa di San Michele degli Scalzi, la Chiesa di San Zeno, la Chiesa di San Pierino, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Chiesa di San Sisto e la Chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno che rappresenta il più importante impegno costruttivo per la città dopo il Duomo.

Nella seconda metà del secolo cominciarono ad incrinarsi i rapporti con Genova , che sfociarono con la conquista del porto di Rapallo, da parte di Pisa, nel 1075 e in una battaglia di fronte alla foce dell’Arno qualche tempo dopo.

Alla morte di Goffredo a capo del feudo toscano gli successe la moglie, Duchessa Beatrice, coadiuvata dal genero Goffredo ” Il Gobbo” e dalla di lei giovane figlia Matilde Contessa di Canossa, che per la morte di entrambi i congiunti, nel 1076 si trovò da sola a gestire uno dei governi che fu ritenuto in seguito fra i più illuminati

In effetti l’impresa, più che una guerra santa, fu a carattere economico e di potere, non essendo molto in accordo i messaggi biblici con le conquiste a prezzo di saccheggì , morte e distruzione.

Pisa acquistò comunque una grande importanza, e sebbene in Italia dipendesse dall’Imperatore e facesse parte del marchesato di Lucca, era ormai la indiscussa dominatrice economica di tutto il Mediterraneo avendo ben saputo indirizzare le proprie flotte sulla conquista dei punti più strategici per il commercio, che successivamente furono potenziati.

Nel 1115 morì la Contessa Matilde, a Lucca, ed ebbe inizio il declino di questa città a vantaggio di Firenze, ma iniziò a rifulgere di luce propria la Repubblica Marinara di Pisa.

Usciva da poco dalla più consistente conquista marittima, quella delle Baleari, che oltre al valore militare e prestigioso le aprì la strada ai proficui scambi commerciali e politici con l’Aragona e la Castiglia.

Nel 1118 fu consacrato il Duomo da Papa Gelasio II, che confermò all’Arcivescovo di Pisa l’ingerenza sulla Corsica, acuendo però i contrasti con Genova.

In seguito, grazie all’intervento di Papa Innocenzo II, le due potenze marinare si accordarono e nel 1133 si trovano alleate contro l’emergente Amalfi ,in favore dell’Imperatore.

Pisa appoggiava sempre lo scudo imperiale, manifestando chiaramente le proprie profonde radici ghibelline, sebbene con l’originalità di mantenere, con una abilissima diplomazia, un certo distacco che gli permettesse il proprio agire autonomo.

Nel 1188 partecipò alla Terza Crociata. Con il XIII secolo continuò lo sviluppo economico della fiorente città, che cercò di darsi un originale ordinamento giuridico-amministrativo, decentrando il potere.

L’organismo pubblico faceva capo al Podestà, affiancato dal Capitano del Popolo a lui sottoposto, con il compito di guidare le milizie e tutelare il popolo meno abbiente dalla nobiltà e dalla classe più ricca.

Il Capitano del Popolo presiedeva il Consiglio degli Anziani, i Consigli Generali, il Consiglio dei Mille.

 

Presto ricominciarono le aspre lotte con Genova, più che altro legate al dominio della Corsica e della Sardegna, e vi furono fasi alterne fra le due acerrime rivali. Intanto a Pisa prendeva piede l’autorità del Conte Ugolino della Gherardesca. Egli riuscì a collegare la propria fede ghibellina con gli ideali guelfi del potente suo genero, Giovanni Visconti, Giudice di Gallura, che lo affiancò nel governo della Repubblica. Questa linea di condotta contrastava con la matrice che sempre aveva caratterizzato la politica e gli ideali della città, tanto che nel 1274 i due dominatori furono banditi dalla città, ragion per cui il Conte Ugolino devastò il contado seminando il terrore, con l’appoggio di Carlo d’Angiò e delle truppe lucchesi e fiorentine e riportò alcune vittorie ai danni delle milizie pisane. Queste furono costrette in seguito alla resa, cedendo alcuni castelli ai lucchesi ed ai fiorentini e accettando il rientro del Conte tra le mura. Il pericolo più grosso, però, proveniva dal mare, infatti la rivalità con la potente città ligure si accentuava sempre di più culminando con la tragica e cocente sconfitta della flotta pisana all’isola de La Meloria, a largo di Livorno, il 6 agosto 1284. Per la Repubblica ed il suo orgoglio fu una vera e propria disfatta, tanto che si coniò il detto: ” Chi vuol veder Pisa vada a vederla prigioniera a Genova “.

Le condizioni della resa furono tremende e dopo la Meloria Pisa perse ogni importanza come città marinara e commerciale I prigionieri pisani, a Genova, erano a migliaia, e data la legge che impediva alle donne di risposarsi, finchè non fosse morto il marito, il danno a livello demografico che subì la città, fu probabilmente una delle cause principali della futura disfatta.

 

Solo l’abilità diplomatica che aveva sempre contraddistinto il popolo pisano, e l’esperienza acquisita ,riuscirono a sostenere le sorti della città, che non si riusciva a piegare definitivamente anche se il declino avanzava inesorabile.

Gli Anziani nominarono Podestà il Vicario Imperiale di Genova, Uguccione della Faggiola, che risollevò le sorti della città, spingendola addirittura alla conquista di Lucca.

Nel 1315 riportò una grande vittoria contro la Lega guelfa, il 29 agosto a Montecatini.

Ma le sue ambizioni di potere gli furono fatali e la città finì per scacciarlo insediando al governo Gaddo della Gherardesca.

Egli riuscì a riportare la pace con le più potenti città Toscane, ed inoltre il di lui figlio si sposò con la figlia di Castruccio Castracani, Signore di Lucca, stringendo così un legame con la vicina città che sempre era stata acerrima nemica.

Purtroppo Gaddo morì nel 1320, privando la città di una presenza che aveva saputo ricomporre importanti alleanze, le quali non ebbero però seguito.

Se fu un periodo di ristrutturazione interna, e di notevoli opere di fortificazione, con torri e mura per la difesa, comunque si stava avvicinando un momento alquanto negativo per la politica.

Bersagliata via mare, con il porto pressochè inefficiente e minacciato dall’insabbiamento provocato dall’Arno, Pisa si trovava circondata da città tradizionalmente rivali, che la isolavano dal riferimento imperiale che si distaccava sempre di più.

 

Crollava così, ad appannaggio di Firenze, la gloriosa Repubblica Marinara, il 9 Ottobre del 1409.

Pisa perdeva definitivamente la sua libertà, salvo una brevissima parentesi a cavallo fra il quattrocento e il cinquecento.

Il declino politico ed economico ormai irreversibile, produsse una notevole rarefazione dei grandi impegni costruttivi tanto che nel Trecento l’unica costruzione religiosa di rilievo fu la Chiesetta di Santa Maria della Spina, sul Lungarno Gambacorti, e nell’ambito dell’architettura civile il Palazzo Gambacorti.

In netto declino demografico, economicamente esaurita, la città conservava però ancora tutti i caratteri culturali di una città cosmopolita, tanto che fu scelta nel 1409, come sede di un Concilio.

Iniziò una nuova fase, per la città, quella della soggezione, mai provata prima.

La Signoria Fiorentina mirò principalmente a rafforzare la difesa del proprio dominio costruendo alcune fortificazioni nei dintorni della città, come il complesso di Stampace-Porta a Mare, la Cittadella Vecchia e Nuova, il Bastione del Parlascio che sarebbe stato progettato addirittura da Filippo Brunelleschi.

Con l’avvento dei Medici al vertice del potere gigliato iniziò comunque un periodo di ripresa economica, sociale ed anche culturale, grazie agli ideali illuministici e di sviluppo del territorio dei dominatori.

 

Si giunse così a fine secolo, quando la città, spinta dalla venuta di Carlo VIII, riprese la propria autonomia, seppure vigilata dal re di Francia.

Promisero anche il proprio aiuto all’indipendenza di Pisa il Duca di Milano, l’Imperatore Massimiliano d’Austria, la Repubblica di Venezia, dando nel 1496 il sostegno delle proprie truppe.

Pisa si trovò così nuovamente protagonista, riconquistando numerosi castelli, ma era in balia degli interessi di tre potenze alleate che avevano delle mire sulla città, e non vedendo la possibilità di primeggiare, l’abbandonarono al proprio destino.

I fiorentini ripresero ben presto le postazioni perdute, e cinsero in assedio la città sull’Arno.

L’assedio durò diversi anni, con numerosi assalti falliti ; dentro le mura si combatteva eroicamente, ed i gigliati non riuscivano ad avere la meglio, finchè, attraverso un tentativo di accordo con il Re di Francia e di Spagna, e con le città vicine, non riuscirono ad isolare sia politicamente che materialmente Pisa, in quanto con l’assedio furono bloccate tutte le vie di comunicazione, compreso l’Arno e gli altri corsi d’acqua

 

Il nuovo Granduca si dedicò molto anche allo sviluppo e all’innalzamento dell’università, ed a lui va riconosciuta una particolare predilezione per Galileo Galilei, che fu nominato Primo Matematico e Filosofo.

Cosimo II morì a soli trentadue anni nel 1621, lasciando una grave lacuna in quanto a personalità che non fu colmata da nessuno dei successori.

Con Ferdinado II iniziò il disinteresse per la cittadina che ,nel 1630, fu colpita dall’epidemia pestilenziale che decimò la popolazione in tutta la penisola.

Solo negli ultimi anni il Granduca puntò su un rilancio culturale dell’Università, riprendendo così un po’ di prestigio personale.

Dal 1670 gli succedette Cosimo III, che fu senz’altro il più immobile del Granducato, ormai frazionato in piccoli feudi e abbandonato a una politica divisa e slegata, dal disinteresse dei vertici del dominio.

A Cosimo III succedette Gian Gastone, che fu l’ultimo dei Medici.

Dal 1737 prese le redini del Granducato la dinastia dei Lorena, dei quali il primo fu Francesco II.

La situazione nel pisano cominciò a migliorare grazie al senso di responsabilità ed all’industriosità dei nuovi reggenti.

Entro le mura furono effettuate notevoli migliorie, e l’entusiasmo per i nuovi dominatori crebbe, visto il rinato interessamento alle sorti della città e del contado.

 

In seguito Cosimo fondò l’Ufficio dei Fiumi e Fossi, e si dedicò molto ad interventi di bonificadel territorio e ad iniziative atte a innalzare la situazione sociale, politica e culturale della città e dei dintorni. Nel 1548 ebbe origine la tenuta di S. Rossore, per espresso volere di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo, mentre nel 1560 fu iniziato il Canale dei Navicelli, che collegava la foce dell’ Arno con il porto di Livorno, in quanto la città nelle prospettive granducali avrebbe dovuto costituire la sede mercantile a complemento dello scalo portuale livornese. Nel 1571 anche una flotta pisana, o meglio medicea, partecipò alla vittoriosa battaglia di Lepanto contro i Turchi

 

A seguito delle guerre di potere che stavano sconvolgendo l’Europa tutta, il Granduca preferì abbandonare il proprio dominio, rifugiandosi in Germania.

Pisa fu così in balia dei Borboni di Parma, poi sotto Elisa Baciocchi Bonaparte, ed infine direttamente sotto l’egida imperiale francese, che terminò nel 1814, con la disfatta di Napoleone.

Ebbe inizio la Restaurazione, con il ritorno di Ferdinando III, molto acclamato dalla popolazione.

A Ferdinando III successe, nel 1824, Leopoldo II, che si distinse anch’egli nelle opere di ristrutturazione interna, ma principalmente nelle bonifiche e nei miglioramenti dei corsi d’acqua e delle vie di comunicazione con l’apertura dei tronchi ferroviari per Livorno, Firenze e Lucca, che vennero a rinverdire

quella funzione di nodo viario di grande importanza che Pisa aveva svolto fin dall’antichità.. Nel 1846 anche il Capoluogo subì dei danni a causa del terremoto che ebbe l’epicentro sulle Colline Inferiori Pisane.

In città cominciava a tirare aria di rivolta , si erano formate numerose società segrete, l’ambiente era teso e non faceva certo presagire un periodo di tranquillità per i vertici del Granducato.

Dopo fasi incerte dovute alle Guerre d’Indipendenza, il 27 febbraio 1859 Leopoldo II lasciò la Toscana, e l’anno dopo vi fu il plebiscito per l’annessione al Regno, che in Pisa vide 12.049 votanti favorevoli, su 12.285.

Iniziò così la fase moderna della storia cittadina.

Negli anni a seguire vi fu una radicale trasformazione del tessuto urbano con la nascita di numerosi edifici e lo smantellamento di molte strutture di epoca medioevale che dettero una nuova configurazione alla città 

Il 10 marzo 1872 Giuseppe Mazzini esalò l’ultimo respiro in questa città dove da tempo risiedeva sotto falso nome.

Ai primi del nostro secolo Pisa era una delle città più attive d’Italia, sia da un punto di vista economico che culturale 

Nacquero numerose industrie, fra le quali si distinguevano la Saint Gobain, pregiatissima vetreria tutt’oggi in attività, e la fabbrica di ceramiche Richard Ginori, era molto sviluppata l’industria tessile, in particolare quella del cotonificio, ed erano presenti moltissime aziende artigianali 

Furono i progettatori di apparecchi, fratelli Antoni, a dar vita all’aereoporto nel 1911, che cominciò subito ad incrementare la propria attività, sia civile che militare.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la città ha pagato il triste contributo di ben 1824 vittime e numerosi sono stati i danni e gli edifici distrutti dagli incessanti bombardamenti Ai danni si unì lo straripamento dell’ Arno del novembre 1944, che dette un ulteriore colpo al disastro già perpetrato.

Le opere di ricostruzione iniziarono subito, grazie allo spirito di rivincita ed alla forza di volontà che non ha mai abbandonato questa cittadina, e nel giro di pochi anni erano stati ricostruiti i ponti distrutti dai tedeschi, come le principali strutture danneggiate 

Oggi Pisa è una città con un’economia indirizzata verso numerosi settori.

Nella zona di Ospedaletto si è sviluppata un’importante, ampia e differenziata zona industriale e artigianale 

L’ Aereoporto Galilei è indubbiamente il principale della regione 

Vi sono alcune caserme fra le più efficienti d’Italia, e fra la città ed il litorale, nella zona di Tombolo, alle spalle di Tirrenia, è situato Camp Darby, una base logistica delle Forze Armate Americane, tra le più importanti d’Europa, che funge principalmente da deposito e rifornimento per le truppe americane dislocate in Italia e in altre parti di Europa.

Nella zona di Barbaricina, adiacente al Parco di S. Rossore ed all’Ippodromo, sono numerose le scuderie e le attività legate all’ippica 

E’ rilevante anche il turismo, in special modo legato all’afflusso in Piazza dei Miracoli , ai recenti ritrovamenti di reperti navali di epoca romana nell’antico porto pisano ed alla stagione estiva sul Litorale Pisano, con le numerose attività turistiche e balneari di Marina di Pisa, Tirrenia e Calambrone.

Molto attivi ed efficienti sono i tre presidi ospedalieri di Santa Chiara, Cisanello e Calambrone

Sono da segnalare anche il Centro Applicazioni Militari Energia Nucleare, istituito nel 1956, e il Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che a Pisa è presente con 13 istituti e 5 centri; oltre all’importanza specifica che queste strutture rivestono, esse rappresentano inoltre una cospicua fonte occupazionale.

L’Università di Pisa possiede alcune facoltà a livello nazionale che la innalzano culturalmente e portano oltretutto un beneficio economico con i numerosi studenti che affluiscono giornalmente o vengono a risiedere in città.

Essa rappresenta la vera e propria base di rilancio per Pisa, sia da un punto di vista economico, che da un punto di vista prestigioso e culturale

Grazie all’Università che lo gestisce insieme all’ Amministrazione Comunale, è stato creato, ed è attivo dal 1984, il Palazzo dei Congressi, importantissimo polo cittadino per i numerosi convegni a livello internazionale e manifestazioni varie che in questa moderna ed efficientissima sede, vengono organizzati

Con l’arrivo di numerose truppe mercenarie all’inizio al soldo di Firenze, Pisa riuscì a risollevare leggermente la propria situazione, riconquistando alcuni Castelli strappatigli, specialmente con l’aiuto del famoso condottiero conosciuto come Giovanni Acuto.

Come avevano precedentemente fatto con i fiorentini, però i mercenari non si dimostrarono molto fedeli agli interessi pisani, che riportarono una pesante sconfitta nella battaglia di Cascina, il 28 luglio 1364.

Le lotte intestine fra Raspanti e Bergolini dilaniavano sempre di più la città, già impoverita anche dal dirottamento del traffico delle merci da Firenze, verso Talamone, dall’ isolamento politico e dalla perdita di consistenza in campo marittimo.

Fu il Gambacorti, precedentemente scacciato che fece dare un sospiro di sollievo alle sorti pisane e riuscì ad ottenere degli accordi con Firenze, consentendo una ripresa del commercio, tanto che fu nominato Capitano Generale Difensore del Popolo e del Comune di Pisa.

Fu l’unico in grado di usare quell’antica e scaltra diplomazia, precedentemente descritta. Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, tramava nella città alla foce dell’Arno, per contrastare i rapporti con la rivale Firenze, e tanto fece che ordì, il 21 ottobre 1392, l’omicidio del Gambacorti, portando al potere i D’Appiano. Gherardo d’Appiano, nel 1399, “vendette” al Visconti la città di Pisa, con la Signoria di Piombino e le isole, Elba, Pianosa e Montecristo, per 200.000 fiorini d’oro

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Giugno 28, 2021