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Author Archives: webmaster@piramedia.it

Il nome Montescudaio viene dal latino Mons Scutarius o Mons Scutaris, ma l’insediamento è molto più antico e risale all’epoca villanoviana, ai primi stadi della formazione della civiltà etrusca. In una tomba nei pressi del paese fu trovata un’urna cineraria del IX o X secolo a.C. che per la sua pregevole e singolare decorazione con figure plastiche sul coperchio costituisce una testimonianza unica e molto importante di quell’epoca. Si trova, insieme ad altre suppellettili, al Museo Archeologico di Firenze.

I primi documenti storici si hanno intorno all’anno Mille, quando il "castello", vale a dire il paese fortificato e circondato di mura, apparteneva ai conti della Gherardesca. In quel periodo i conti si insediarono stabilmente a Montescudaio, dove costruirono un palazzo o una rocca e, a partire dal Trecento, diedero origine a un proprio ramo della casata, che prese il nome dal paese: i conti di Montescudaio. Era, a quanto pare, una stirpe particolarmente spavalda e irruenta, discendente da tale Giovanni Della Gherardesca che per la sua scarsa prestanza fisica era chiamato "il Bacarozzo". Già nel 1305 i figli del Bacarozzo furono denunciati perché avevano compiuto scorrerie e furti di bestiame nel territorio volterrano. Nel 1345 i Montescudaio, alleati con la Repubblica di Pisa e da essa nominati vicari in Maremma, furono protagonisti di un clamoroso episodio di tradimento: con lettere contraffatte indussero i castelli della loro giurisdizione, Montescudaio, Guardistallo, Bibbona, Rosignano, Vada e Fauglia a ribellarsi contro Pisa stessa. Ovviamente la rivolta fu domata perché non molto tempo dopo i Montescudaio furono di nuovo accettati a Pisa, dove più tardi ebbero un ruolo non secondario nella lotta tra le fazioni per il potere nella città. Nel 1395-96 si rivoltarono di nuovo contro la Repubblica compiendo scorrerie nel territorio pisano, ora spalleggiati da Firenze.

Nel 1406 quando Pisa con tutto il contado venne venduta a Firenze, i conti si affrettarono a farsi accreditare anche in questa città e vennero nuovamente nominati vicari in Maremma. Ma gli abitanti di Montescudaio riuscirono in questa circostanza a liberarsi di loro, sottomettendosi volontariamente alla Repubblica fiorentina dalla quale ebbero il permesso di costituirsi in Comune. Nel gennaio 1406, infatti, una delegazione di quattro uomini di Montescudaio, insieme a un’altra di Guardistallo, partì per Firenze per trattare la sottomissione. I rappresentanti ottennero non solo l’autorizzazione a costituirsi in Comune e a redigere i propri statuti, ma anche l’estromissione dei conti, ai quali venne imposto il divieto di entrare nel castello di Montescudaio.

Il territorio del Comune era costituito da piccole proprietà private e da vaste aree comunali — in gran parte pascoli e boschi — che venivano sfruttate collettivamente. Gli abitanti di Montescudaio potevano far pascolare le bestie e tagliare la legna per proprio uso dietro pagamento di una somma stabilita dagli statuti e da versare al camarlengo della comunità. La caccia e la pesca erano libere.

Gli statuti — che valevano sia per Montescudaio che per Guardistallo e dal 1414 anche per Casale Marittimo — regolavano le elezioni dei consoli (la massima carica governativa, i cui nomi venivano estratti da una borsa), e dei consiglieri, eletti a voce. Gli statuti definivano i diversi incarichi comunali e stabilivano le pene e le multe, le quali, oltre ai canoni per i pascoli, costituivano una delle entrate maggiori del Comune. Veniva multato ogni tipo di trasgressione: giocare alla palla in piazza, bestemmiare, fare lordura in paese, mandare le bestie al pascolo fuori dai tempi e dai confini stabiliti, ma poteva essere multato anche un operaio che, per esempio, aveva in affitto una terra comunale e la lavorava poco o male.

Gli statuti regolavano anche la vita dei paesani durante le stagioni:

in marzo avevano l’obbligo di fare l’orto, da maggio i "viari" dovevano occuparsi delle strade, a settembre si potevano assoldare le guardie comunali per vegliare le vigne e i fichi. Si stabiliva inoltre il numero di bestie che ogni famiglia poteva mandare sul pascolo, si regolava la macellazione e la vendita delle carni e si decretava che le stoppie e le ghiande fossero riservate ai maiali, gli animali più importanti per l’alimentazione familiare che potevano anche circolare liberamente in paese.

Per quanto riguarda le norme d’igiene, non si dovevano abbeverare gli animali nella fonte riservata agli uomini e gli abitanti avevano l’obbligo di spazzare l’uscio davanti a casa, soprattutto la domenica. Quando le acque sporche venivano versate in strada bisognava avvertire in anticipo e in particolare di notte si doveva gridare tre volte "acqua" prima di rovesciare qualcosa sul selciato.

La comunità subì diverse invasioni e devastazioni. Nel 1447 venne assalita e saccheggiata dalle truppe di Alfonso d’Aragona, re di Napoli, in guerra con Firenze. L’invasione, tra l’altro, fu resa possibile da un altro tradimento dei conti di Montescudaio che si erano alleati con gli Aragona facilitando così la caduta dei castelli maremmani. Nel 1478 Montescudaio subì l’invasione da parte di Ferdinando d’Aragona, figlio di Alfunso, e l’anno dopo, venne saccheggiato dalle stesse truppe fiorentine, partite per riconquistarlo. In seguito a trattative, gli abitanti riuscirono almeno a evitare l’incendio del castello.

L’epoca del Comune terminò nel 1648, quando i Medici fecero di tutta l’area un feudo che venne concesso al marchese Ridolfi di Firenze e a essi riconfermato ancora dai Lorena nel 1738. Il terreno tornò allora a essere proprietà del "Signor padrone", la caccia e la pesca furono di nuovo privilegi del feudatario. Il marchese Ridolfi le vietò con un decreto del 1778 in tutto il suo territorio, provocando un accesa protesta della popolazione.

Un’altra parte dei boschi era vincolata dalle Regie Ferriere della Magona a Cecina, stabilimento per la fusione e la lavorazione del ferro, che aveva il diritto esclusivo dello sfruttamento dei boschi circostanti per approvvigionarsi della legna necessaria alla conduzione dei forni.

Il XVII e il XVIII furono perciò secoli alquanto difficili per gli uomini di Montescudaio. I feudi vennero aboliti con la legge del 1749, introdotta dai Lorena, e a partire dal 1770 iniziarono a Montescudaio le vendite e le concessioni in affitto dei terreni sia granducali che comunali nell’àmbito della riforma agraria del granduca Pietro Leopoldo. La riforma si proponeva una nuova e più capillare distribuzione delle terre per favorire una coltivazione più razionale e intensiva, aiutata anche dalle nuove tecniche agricole. Si raggiunse infatti questo scopo, ma non a vantaggio della popolazione del castello, bensì creando un nuovo ceto di proprietari terrieri, i quali facevano lavorare i campi a giornata oppure a mezzadria. Gli abitanti di Montescudaio avevano tentato di opporsi alla privatizzazione dei terreni comunali mandando una supplica al provveditore di Pisa, nella quale esprimevano la loro preoccupazione che le terre potessero finire in mano a pochi possidenti che avrebbero potuto chiedere pagamenti eccessivi per pascolo, coltivazione e legna o negarle del tutto. Alla popolazione sarebbe stato così messo "il gancio alla gola". La supplica fu respinta come immotivata, ma in realtà più della metà delle terre comunali di Montescudaio venne assegnata a due soli proprietari, il Guerrini di Montescudaio e Vincenzo Cancellieri di Casale.

Nel 1846 l’agglomerato delle case più antiche del castello venne distrutto da un violento terremoto. Mentre il borgo, che si estendeva a sud verso la vallata, si salvò in gran parte, in alto tutte le case crollarono e anche la chiesa di Santa Maria, appena ampliata e ornata, fu rovinata. Otto persone morirono sotto le macerie.

Il granduca nella sua visita alle zone terremotate si fermò anche a Montescudaio stanziando fondi per la ricostruzione.

Un’altra scossa di terremoto colpì l’abitato nel 1871 e distrusse completamente ciò che era rimasto anche parzialmente in piedi, come gli avanzi del vecchio palazzo dei Montescudaio.

Nell’Ottocento si ebbe un notevole incremento demografico, anche se la situazione economica rimaneva difficile (nel 1784, si contavano 434 abitanti; nel 1825, 707; nel 1841, 1.008 e nel 1901, 1.931). Dopo l’Unità d’italia le tasse erano molto gravose, i redditi bassi e basse anche le entrate del Comune. Il numero dei "miserabili" aumentava notevolmente. Si registravano spostamenti tra i paesi di manodopera, in cerca di lavoro, anche stagionale. L’attività era prevalentemente agricola e i prodotti principali erano, come da secoli, l’olio e il vino. All’inizio del Novecento il vino costituiva un prodotto importante nel commercio provinciale.

Montescudaio ha raggiunto il massimo degli abitanti nel 1927 con 2.880 unità. Dopo la seconda guerra mondiale si è verificato il crollo demografico dovuto all’emigrazione verso i nuovi centri industriali e commerciali lungo la costa, Cecina e Rosignano (nel 1951 Montescudaio annoverava 2.010 abitanti; mentre nel 1967, soltanto 1.298). Il Comune è comunque riuscito a controbilanciare la perdita con il nuovo insediamento del Fiorino, località al confine con Cecina, e la vicina zona industriale di Poggio Gagliardo. Così nell’ultimo censimento si è verificato persino un lieve aumento del numero degli abitanti. Rimane il problema dell’invecchiamento della popolazione: il 40% dei residenti ha più di 60 anni.

Oltre all’attività artigianale e industriale a Poggio Gagliardo, Montescudaio ha registrato un notevole sviluppo nel campo del turismo con nuovi complessi residenziali lungo la strada per Cecina.

Da 19 anni Montescudaio produce un vino DOC, rosso e bianco, che può essere acquistato nelle dieci aziende agricole che formano il consorzio del vino Doc di Montescudaio (ricavato dalle uve dei vitigni Sangiovese, Trebbiano, Malvasia, Canaiolo rosso e Ciliegino per il rosso; Trebbiano, Malvasia, Vermentino e Canaiolo bianco per il bianco. La produzione è di 6.000 ettolitri l’anno.

Tratto da Guida alla Val di Cecina, a cura di Susanne Mordhorst, Nuova Immagine Editrice

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by webmaster@piramedia.it

Piombino, posta sul promontorio omonimo, capitale di un antico stato italiano, città di mare, patria etrusca della metallurgia, erede di antiche tradizioni classiche e medievali, Piombino conserva numerose opere architettoniche a testimonianza del suo passato. 

Riceve un chiaro aspetto rinascimentale ad opera dell'architetto fiorentino A. Guardi sotto la dinastia degli Appiani; signoria dal 1399 e Principato nel 1589; dominio dei Ludovisi-Boncompagni, fu concessa nel 1805 da Napoleone alla sorella Elisa che lasci segni tangibili del suo governo tanto da far soprannominare Piombino "La piccola Parigi". 

L'antico porto di Falesia, di cui si ha notizia a partire daI V secolo d.C. è oggi il più importante porto-passeggeri della Toscana, collegato oltre che con l'Isola d'Elba e l'Arcipelago, anche con la Sardegna e la Corsica. 

Una città tutta da scoprire: arte, mare, storia, folclore ed una gustosa cucina, arricchiscono questo territorio che intravede oggi nel turismo una proiezione verso il domani, una scommessa con il futuro. 

Con i suoi 31,5 Km" di coste balneari, di cui 22 Km. sabbiose e 9,5 rocciose raggiungibili sia da terra che dal mare, con il suo clima particolarmente mite, il suo mare cristallino dai sorprendenti fondali, Piombino offre svago e relax per ogni età: dalle vacanze sportive, avventurose e divertenti ad escursioni naturalistiche e culturali che possono essere godute tutto l'anno: ogni stagione ha le sue meraviglie da scoprire - in primavera ed in autunno, periodi in cui la natura è più generosa di profumi e di colori, l'ospite può scoprire aspetti che spesso restano celati ai turisti estivi. 

Spiagge libere, campi da tennis, di pattinaggio, di calcio, scuola di vela, di surf, di nuoto, di sub, equitazione, gite in barca anche di notte, collegamenti con l'Elba, la Corsica e la Sardegna;

 

Il mare, da secoli spettatore quieto o turbolento di questa terra, oggi ha il suo meritato posto da protagonista. Intatto, ancora primitivo nella sua bellezza, lambisce le coste del promontorio di Piombino, sia a nord che a sud.

Comprese nell'arcipelago e ben visibili dalla costa nelle giornate terse, oltre all'Isola d'Elba, gli isolotti di Cerboli, che dista 4 miglia da Piombino, completamente disabitato e quello di Palmaiola poco distante, alle sue spalle, che emerge come una rupe di forma triangolare.

L'arcipelago gode di un clima mite, che va dai 7° ai 30°C, con inverni caratterizzati da piogge irregolari e frequenti periodi di siccità in estate I venti provengono prevalentemente da N NW e SE SW; mentre le correnti marine arrivano dalla parte meridionale della costa peninsulare.

Il promontorio di Piombino, ha una conformazione generalmente rocciosa, il cui non facile accesso ne ha preservato l'aspetto, malgrado alcuni interventi abusivi nelle operazioni di pesca e la noncuranza del turismo.

Nell'ambiente marino della zona di Baratti e San Vincenzo, dopo il primo tratto di fondale sabbioso, si incontrano formazioni scogliose che a profondità maggiore formano una struttura coralligena. Interessante fenomeno si manifesta in questa area, grazie all'apporto nutritivo della fossa Calda che proviene dall'entroterra e che converge in questo punto favorendo stagionalmente l'afflusso di pesci di particolare pregio, come orate, spigole, paraghi e saraghi ecc., determinando condizioni ideali per la riproduzione.

Nel lato sud del litorale piombinese il fondale si presenta sabbioso, fangoso e detritico. A circa 40 mt. di profondità si trovano fondi di alghe coralline. I pesci sono quelli tipici dell'habitat meridionale che rende tipico questo ambiente da un punto di vista ecologico.

Come si vede, il fondale marino ha dovuto conseguire ai comportamenti umani maldestri e superficiali, pur riuscendo a preservare la propria integrità e, per quanto, restituendo all'uomo anche alcune tracce della sue antiche civiltà. Sono difatti numerosi i resti archeologici ritrovati nelle acque del Golfo di Baratti; alcuni sono ancora in fase di studio, altri sono conservati presso la Collezione Gasparri di Populonia, altri sono andati dispersi. Di rilievo, è il ritrovamento di una nave romana avvenuto nel 1957, a circa 120 m. dalla riva, in corrispondenza della chiesetta di San Cerbone. Emergeva dal fondale sabbioso a circa 4m. di profondità, insieme ad alcuni oggetti di probabile appartenenza al carico della nave.

Nella parte centrale del golfo, invece, a circa 20 mt. di profondità, fu scoperto un relitto romano in buono stato di conservazione, purtroppo devastato da saccheggiatori. Si è potuta recuperare un'anfora di ferro conservata nel Palazzo Civico di Piombino, non in buone condizioni.

Nella zona sud est del promontorio di Piombino, nell'area del Golfo di Salivoli verso ovest, sono state ritrovate due anfore integre a circa 20 m, insieme ad altri frammenti fittili. Nel tratto di mare antistante la Spiaggia Lunga sono stati rinvenuti frammenti fittili di età indeterminabile, fino a oltre 30 m. di profondità.

A largo dell'insenatura di Cala al Piccione, sempre nella zona della Spiaggia Lunga, è stata localizzato da alcuni pescatori piombinesi un relitto di nave etrusca; mentre, alla Punta delle Tonnarelle nel 1832 fu scoperta la famosa statua in bronzo dell'"Apollo di Piombino", conservata oggi presso il museo del Louvre a Parigi.

Descritto il mare nel suo ambiente naturale e nei suoi tesori, seguiamo adesso una panoramica delle spiagge di Piombino, di quelle a nord e a sud della città e dei percorsi utili per giungervi.

Piombino ha le sue spiagge, tutte eterogenee tra di loro: di sabbia, di sassi, di scogli, con cornici paesaggistiche varie; alcune a diretto contatto con l'architettura moderna della città, come la spiaggia di Salivoli; alcune a contrasto con tracce di costruzioni antiche, come quella di Piazza Bovio; alcune ai piedi di pendii di vegetazione mediterranea, come quella di via Amendola, Porto Pidocchio, Calamoresca e la Spiaggia Lunga. Queste sono le mete principali dei cittadini di Piombino, di giovani, meno giovani, mamme e bambini che si godono giornate di sole e divertimento.

Il litorale a sud e a nord di Piombino è raggiungibile percorrendo la strada di uscita della città, seguendo le indicazioni dei cartelli stradali che conducono, da una parte verso Roma e dall'altra verso San Vincenzo. Optando per la deviazione per Roma, la strada porta verso il litorale sud. L'accesso è possibile seguendo i percorsi di innesto lungo la via principale che da questa si diramano una dopo l'altra, evidenziate dai cartelli con i nomi delle località balneari a cui conducono e cioè Perelli, Carlappiano, Mortelliccio, Carbonifera e Torre Mozza.

Attraversano tutte zone di campagna e giungono fino al mare addossato da brevi tratti di pineta. Le attrezzature turistiche in questa zona sono costituite da campeggi, residence, centri commerciali, bar e ristoranti presenti direttamente in riva al mare, maneggi e sport da spiaggia, noleggio surf e imbarcazioni

E' l'ambiente ideale per vivere lontano dalla città, in un'area dove la natura si fonde ai discreti insediamenti turistici.

Seguendo invece l'indicazione stradale dall'uscita di Piombino per San Vincenzo, si percorre una strada costeggiata da lievi poggi .Dopo pochi chilometri si incontra sulla sinistra la deviazione per Populonia-Baratti. Ci troviamo nell'antica patria etrusca. La fitta macchia mediterranea a ridosso delle colline boscose è ricca di vegetazione. Incantati ad ammirare le bellezze del paesaggio di questa zona, dal promontorio su cui sorge Populonia si tuffa lo sguardo nella incomparabile baia di Baratti, destinazione prediletta di turisti alla ricerca di mare e tracce di storia. Molto suggestiva è la spiaggia di Buca delle Fate, sulla scogliera rocciosa, raggiungibile dalla strada che da Baratti conduce a Populonia. L'organizzazione turistica della zona comprende ristoranti, bar, maneggi, noleggio imbarcazioni, servizio taxi per mare e possibilità di visitare la costa seguendo le vie degli Etruschi navigando, scuola di surf e altre attività. Non da meno sono le zone archeologiche di Baratti che determinano un flusso crescente di visitatori ogni anno, insieme al museo archeologico e alla parte alta di Populonia dove i visitatori affluiscono nelle piccole botteghe di souvenir.

Tornando sulla strada principale, oltrepassato il bivio per Populonia-Baratti, proseguiamo rispettando la direzione per San Vincenzo. Dopo qualche minuto ci troviamo affiancati dalla pineta del Parco di Rimigliano che segue il percorso per circa 4/5Km.La spiaggia di Rimigliano si trova alle spalle della pineta e segue il perimetro della costa subito dopo la spiaggia della Torraccia. I bagnanti amanti di sieste pomeridiane

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by webmaster@piramedia.it

Incerta è l'origine di Pisa , molte sono le teorie sulla fondazione di questa città in ogni caso fra le più antiche d'Italia.

La pianura su cui sorge, che si estende dalle pendici del Monte Pisano fino alla foce dell'Arno,era caratterizzata dalle paludi, e la foce del fiume formava un grande acquitrinio, favorendo un riparo naturale per le imbarcazioni, e la nascita e lo sviluppo della città.

Dionisio Alicarnasseo descrive Pisa come ricca e fiorente, dal tempo in cui giunsero i Pelasgi.

Catone, nelle sue Origini, ne parla come una delle città più antiche e Plinio nella sua Storia Naturale attribuisce la fondazione della città ai Pisi Alfei Pelasgi, comandati da Pelope, circa tre secoli prima della guerra di Troia. Anche Solino afferma: "Chi non sa che da Pelope Pisa?". Virgilio asseriva che Pisa, di origine etrusca, mandò ben mille uomini in aiuto di Enea, al suo passaggio in Italia, dopo la distruzione di Troia.

Strabone adotta due ipotesi, attribuendo la fondazione sia a Tarconte, principale

esponente della mitologia etrusca, sia ai Pisei del Peloponneso che, nell'assedio di Troia ,erano comandati da Nestore.

In base a queste teorie, l'origine sarebbe dal 1600 a.C. al 600a.C, più antica se si riferisce ai Pelasgi, più recente, se riferita agli Etruschi o ai Liguri. Tutte queste ipotesi si basano in ogni caso sugli scritti risalenti ad un periodo assai posteriore, quindi, in quanto all'attendibilità, bisogna ammettere che diventa piuttosto problematica. "Come dal fumo fuoco s'argomenta, sol si trae la certezza di remotissima antichità per la città nostra" così commentava il Tronci riguardo alla fondazione di Pisa. Data la struttura paludosa del territorio anche i reperti archeologici non sono mai stati così numerosi e consistenti da sfatare o comprovare una di queste.

Fatto sta che la città sorse alla foce dell'Arno stretta fra questo fiume ed il Serchio circondata da terreni paludosi che si estendevano per tutta l'attuale pianura.

Avrebbe avuto vari nomi, da un primitivo Teuta a un successivo Alfea , ma il nome attuale deriverebbe dagli Etruschi, che per Pise, con il significato di foce, indicavano i presumibili nuclei sparsi che formavano nel suo insieme, la città; ciò spiegherebbe anche il plurale dell'appellativo latino che prese in seguito: Pisae.

Il nucleo cominciò a svilupparsi in special modo grazie al porto ed al commercio via mare.Difficile risulta anche localizzare il punto esatto in cui doveva trovarsi il Porto Pisano. Approssimativamente si vuole situato immediatamente a nord di Livorno, zona oggi identificata con Calambrone e Stagno, in pratica contiguo all'attuale porto labronico.

Con il passare del tempo e forse a causa dei continui interramenti, il porto si era fatto così angusto che, in epoca medioevaleeste supposizioni e stabilire con certezza la localizzazione del primo insediamento

esso poteva venir chiuso e per così dire recintato con delle catene in modo da impedire che il nemico potesse entrarvi.

A niente però servì questo accorgimento nel 1342 ,quando i genovesi,con una mossa a sorpresa,poterono prima divellere le catene e poi occupare il porto. Le catene, poi donate ai fiorentini, hanno costituito a lungo un prestigioso trofeo di guerra; adesso sono appese ad una parete del Cimitero Monumentale pisano.

Del Porto e dei relativi commerci parlavano molto bene Lucano e Tito Livio e così la descriveva in versi il poeta Rutilio Numanziano: "Portum quem fama frequentat Pisarum emporio divitusque maris". La prosperità avvenne per il commercio basato principalmente sulle uve, il grano, il farro, e sul legname che giungeva attraverso l'Arno dal Casentino

Pisa riforniva tutto il Mediterraneo, ed importava dall'Oriente.

Con la dominazione etrusca iniziò a stringere rapporti commerciali anche con il ricco entroterra che faceva capo alla fiorente Velathri, Volterra, rafforzando ulteriormente una già consolidata economia.

Questa ricchezza di transiti commerciali portava Pisa ad avere rapporti con tutte le maggiori civiltà mediterranee, arricchendola anche culturalmente, e formandogli con la conoscenza, l'esperienza e il desiderio di autonomia, quella naturale originalità che l'ha contraddistinta in tutta la sua storia.

Nel III secolo a.C. le incursioni dei Liguri diventarono sempre più frequenti, ostacolando notevolmente il commercio marittimo e compromettendo la stabilità e la sicurezza del nucleo abitato. Pisa decise così di passare sotto la protezione di Roma.

Divenne un avamposto capitolino e fu una base determinante nella guerra di Roma contro i Galli, i Cartaginesi ed i Liguri.

La guerra fra questi ultimi e i Romani, che si svolse presso la città sulla foce dell'Arno durò diversi anni, e visse fasi alterne, fino alla decisiva vittoria capitolina, nel 180 a.C. Pisa divenne così colonia romana, dotata di ampia autonomia, e ricominciò il proprio commercio via mare in maniera più consistente, anche se il proprio prestigio, nell'entroterra, era sempre più offuscato dalla crescente potenza della vicina Lucca, che si estendeva affacciandosi sulla pianura di fronte al Monte Pisano.

Nonostante ciò , pochi anni prima della nascita di Cristo , Pisa cominciò a strutturarsi urbanisticamente divenendo in breve tempo una delle città più floride d'Italia, specialmente grazie all'efficienza del proprio porto.

I reperti della civiltà romana sono numerosi, e sparsi in tutto il nucleo urbanizzato e nei dintorni. I resti più significativi sono comunque le antiche terme, comunemente chiamate " Bagni di Nerone".

Risalirebbe al 47 dell'era cristiana lo sbarco dell'Apostolo Pietro che riuscì a prendere terra alla foce dell'Arno all'incirca in quella località che oggi si chiama S. Piero a Grado; lì pare abbia fondato una chiesa, dove è situata l'attuale Basilica, e convertì un tal Pierino che fu poi consacrato come primo Vescovo di Pisa.

Un altro avvenimento di quel periodo è la decapitazione del cristiano Torpete, San Torpè, venerato anche in Provenza come S. Tropez.

Qualche secolo dopo iniziarono le invasioni barbariche ,gli invasori imperversarono per tutta la penisola, seminando morte e distruzione dappertutto, ma Pisa non ne risentì come Roma, anzi, fu probabilmente allora che gettò le basi per il proprio sviluppo maggiore. .

Grazie alle conquiste per mare, alla fama acquisita, all'importanza degli scambi marittimi, Pisa, intorno alla metà del VI secolo ebbe delle condizioni favorevoli sotto l'egemonia bizantina di Narsete, che succedette agli Unni.

Lucca fu la sede dei dominatori, ed anche i Longobardi, che seguirono la tennero come caposaldo, lasciando comunque una certa autonomia alla città portuale.

Fra la fine del secolo ed in quello a venire, fu edificata una protezione intorno al nucleo urbano.

Dal 774 furono i Franchi a detenere il potere, e un episodio da citare è risalente all'828, quando il Conte Bonifacio di Lucca, al comando di una nave e flotta pisana, inflisse una dura sconfitta ai Saraceni, che imperversavano per tutto il Mediterraneo.

L'opera di costante difesa delle coste tirreniche e dei traffici marittimi dai Saraceni , come pure l'arginamento dell'avanzata araba, fu uno dei tratti salienti e più famosi della storia di Pisa.

Il centro di potere della Tuscia era ancora probabilmente Lucca, ma anche Firenze cominciò a crescere di considerazione, mentre Pisa cercava di defilarsi il più possibile, accrescendo via mare la propria ricchezza e fama

Pare che sia proprio grazie a questo tesoro che fu affidato all'Architetto Buscheto l'incarico di iniziare la costruzione della Cattedrale in quel grande complesso architettonico conosciuto come "Campo dei Miracoli"e che ancora oggi rappresenta il simbolo di Pisa.

Più o meno coeva a quella del Duomo è la costruzione di numerose chiese romaniche, che per certi caratteri formali e strutturali si ricollegano al maggior monumento cittadino, come la Chiesa di San Frediano, la Chiesa di San Michele degli Scalzi, la Chiesa di San Zeno, la Chiesa di San Pierino, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Chiesa di San Sisto e la Chiesa di San Paolo a Ripa d'Arno che rappresenta il più importante impegno costruttivo per la città dopo il Duomo.

Nella seconda metà del secolo cominciarono ad incrinarsi i rapporti con Genova , che sfociarono con la conquista del porto di Rapallo, da parte di Pisa, nel 1075 e in una battaglia di fronte alla foce dell'Arno qualche tempo dopo.

Alla morte di Goffredo a capo del feudo toscano gli successe la moglie, Duchessa Beatrice, coadiuvata dal genero Goffredo " Il Gobbo" e dalla di lei giovane figlia Matilde Contessa di Canossa, che per la morte di entrambi i congiunti, nel 1076 si trovò da sola a gestire uno dei governi che fu ritenuto in seguito fra i più illuminati

In effetti l'impresa, più che una guerra santa, fu a carattere economico e di potere, non essendo molto in accordo i messaggi biblici con le conquiste a prezzo di saccheggì , morte e distruzione.

Pisa acquistò comunque una grande importanza, e sebbene in Italia dipendesse dall'Imperatore e facesse parte del marchesato di Lucca, era ormai la indiscussa dominatrice economica di tutto il Mediterraneo avendo ben saputo indirizzare le proprie flotte sulla conquista dei punti più strategici per il commercio, che successivamente furono potenziati.

Nel 1115 morì la Contessa Matilde, a Lucca, ed ebbe inizio il declino di questa città a vantaggio di Firenze, ma iniziò a rifulgere di luce propria la Repubblica Marinara di Pisa.

Usciva da poco dalla più consistente conquista marittima, quella delle Baleari, che oltre al valore militare e prestigioso le aprì la strada ai proficui scambi commerciali e politici con l'Aragona e la Castiglia.

Nel 1118 fu consacrato il Duomo da Papa Gelasio II, che confermò all'Arcivescovo di Pisa l'ingerenza sulla Corsica, acuendo però i contrasti con Genova.

In seguito, grazie all'intervento di Papa Innocenzo II, le due potenze marinare si accordarono e nel 1133 si trovano alleate contro l'emergente Amalfi ,in favore dell'Imperatore.

Pisa appoggiava sempre lo scudo imperiale, manifestando chiaramente le proprie profonde radici ghibelline, sebbene con l'originalità di mantenere, con una abilissima diplomazia, un certo distacco che gli permettesse il proprio agire autonomo……..

 

Pare che sia proprio grazie a questo tesoro che fu affidato all'Architetto Buscheto l'incarico di iniziare la costruzione della Cattedrale in quel grande complesso architettonico conosciuto come "Campo dei Miracoli"e che ancora oggi rappresenta il simbolo di Pisa.

Più o meno coeva a quella del Duomo è la costruzione di numerose chiese romaniche, che per certi caratteri formali e strutturali si ricollegano al maggior monumento cittadino, come la Chiesa di San Frediano, la Chiesa di San Michele degli Scalzi, la Chiesa di San Zeno, la Chiesa di San Pierino, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Chiesa di San Sisto e la Chiesa di San Paolo a Ripa d'Arno che rappresenta il più importante impegno costruttivo per la città dopo il Duomo.

Nella seconda metà del secolo cominciarono ad incrinarsi i rapporti con Genova , che sfociarono con la conquista del porto di Rapallo, da parte di Pisa, nel 1075 e in una battaglia di fronte alla foce dell'Arno qualche tempo dopo.

Alla morte di Goffredo a capo del feudo toscano gli successe la moglie, Duchessa Beatrice, coadiuvata dal genero Goffredo " Il Gobbo" e dalla di lei giovane figlia Matilde Contessa di Canossa, che per la morte di entrambi i congiunti, nel 1076 si trovò da sola a gestire uno dei governi che fu ritenuto in seguito fra i più illuminati

In effetti l'impresa, più che una guerra santa, fu a carattere economico e di potere, non essendo molto in accordo i messaggi biblici con le conquiste a prezzo di saccheggì , morte e distruzione.

Pisa acquistò comunque una grande importanza, e sebbene in Italia dipendesse dall'Imperatore e facesse parte del marchesato di Lucca, era ormai la indiscussa dominatrice economica di tutto il Mediterraneo avendo ben saputo indirizzare le proprie flotte sulla conquista dei punti più strategici per il commercio, che successivamente furono potenziati.

Nel 1115 morì la Contessa Matilde, a Lucca, ed ebbe inizio il declino di questa città a vantaggio di Firenze, ma iniziò a rifulgere di luce propria la Repubblica Marinara di Pisa.

Usciva da poco dalla più consistente conquista marittima, quella delle Baleari, che oltre al valore militare e prestigioso le aprì la strada ai proficui scambi commerciali e politici con l'Aragona e la Castiglia.

Nel 1118 fu consacrato il Duomo da Papa Gelasio II, che confermò all'Arcivescovo di Pisa l'ingerenza sulla Corsica, acuendo però i contrasti con Genova.

In seguito, grazie all'intervento di Papa Innocenzo II, le due potenze marinare si accordarono e nel 1133 si trovano alleate contro l'emergente Amalfi ,in favore dell'Imperatore.

Pisa appoggiava sempre lo scudo imperiale, manifestando chiaramente le proprie profonde radici ghibelline, sebbene con l'originalità di mantenere, con una abilissima diplomazia, un certo distacco che gli permettesse il proprio agire autonomo.

Nel 1188 partecipò alla Terza Crociata. Con il XIII secolo continuò lo sviluppo economico della fiorente città, che cercò di darsi un originale ordinamento giuridico-amministrativo, decentrando il potere.

L'organismo pubblico faceva capo al Podestà, affiancato dal Capitano del Popolo a lui sottoposto, con il compito di guidare le milizie e tutelare il popolo meno abbiente dalla nobiltà e dalla classe più ricca.

Il Capitano del Popolo presiedeva il Consiglio degli Anziani, i Consigli Generali, il Consiglio dei Mille.

 

Presto ricominciarono le aspre lotte con Genova, più che altro legate al dominio della Corsica e della Sardegna, e vi furono fasi alterne fra le due acerrime rivali. Intanto a Pisa prendeva piede l'autorità del Conte Ugolino della Gherardesca. Egli riuscì a collegare la propria fede ghibellina con gli ideali guelfi del potente suo genero, Giovanni Visconti, Giudice di Gallura, che lo affiancò nel governo della Repubblica. Questa linea di condotta contrastava con la matrice che sempre aveva caratterizzato la politica e gli ideali della città, tanto che nel 1274 i due dominatori furono banditi dalla città, ragion per cui il Conte Ugolino devastò il contado seminando il terrore, con l'appoggio di Carlo d'Angiò e delle truppe lucchesi e fiorentine e riportò alcune vittorie ai danni delle milizie pisane. Queste furono costrette in seguito alla resa, cedendo alcuni castelli ai lucchesi ed ai fiorentini e accettando il rientro del Conte tra le mura. Il pericolo più grosso, però, proveniva dal mare, infatti la rivalità con la potente città ligure si accentuava sempre di più culminando con la tragica e cocente sconfitta della flotta pisana all'isola de La Meloria, a largo di Livorno, il 6 agosto 1284. Per la Repubblica ed il suo orgoglio fu una vera e propria disfatta, tanto che si coniò il detto: " Chi vuol veder Pisa vada a vederla prigioniera a Genova ".

Le condizioni della resa furono tremende e dopo la Meloria Pisa perse ogni importanza come città marinara e commerciale I prigionieri pisani, a Genova, erano a migliaia, e data la legge che impediva alle donne di risposarsi, finchè non fosse morto il marito, il danno a livello demografico che subì la città, fu probabilmente una delle cause principali della futura disfatta.

 

Solo l'abilità diplomatica che aveva sempre contraddistinto il popolo pisano, e l'esperienza acquisita ,riuscirono a sostenere le sorti della città, che non si riusciva a piegare definitivamente anche se il declino avanzava inesorabile.

Gli Anziani nominarono Podestà il Vicario Imperiale di Genova, Uguccione della Faggiola, che risollevò le sorti della città, spingendola addirittura alla conquista di Lucca.

Nel 1315 riportò una grande vittoria contro la Lega guelfa, il 29 agosto a Montecatini.

Ma le sue ambizioni di potere gli furono fatali e la città finì per scacciarlo insediando al governo Gaddo della Gherardesca.

Egli riuscì a riportare la pace con le più potenti città Toscane, ed inoltre il di lui figlio si sposò con la figlia di Castruccio Castracani, Signore di Lucca, stringendo così un legame con la vicina città che sempre era stata acerrima nemica.

Purtroppo Gaddo morì nel 1320, privando la città di una presenza che aveva saputo ricomporre importanti alleanze, le quali non ebbero però seguito.

Se fu un periodo di ristrutturazione interna, e di notevoli opere di fortificazione, con torri e mura per la difesa, comunque si stava avvicinando un momento alquanto negativo per la politica.

Bersagliata via mare, con il porto pressochè inefficiente e minacciato dall'insabbiamento provocato dall'Arno, Pisa si trovava circondata da città tradizionalmente rivali, che la isolavano dal riferimento imperiale che si distaccava sempre di più.

 

Crollava così, ad appannaggio di Firenze, la gloriosa Repubblica Marinara, il 9 Ottobre del 1409.

Pisa perdeva definitivamente la sua libertà, salvo una brevissima parentesi a cavallo fra il quattrocento e il cinquecento.

Il declino politico ed economico ormai irreversibile, produsse una notevole rarefazione dei grandi impegni costruttivi tanto che nel Trecento l'unica costruzione religiosa di rilievo fu la Chiesetta di Santa Maria della Spina, sul Lungarno Gambacorti, e nell'ambito dell'architettura civile il Palazzo Gambacorti.

In netto declino demografico, economicamente esaurita, la città conservava però ancora tutti i caratteri culturali di una città cosmopolita, tanto che fu scelta nel 1409, come sede di un Concilio.

Iniziò una nuova fase, per la città, quella della soggezione, mai provata prima.

La Signoria Fiorentina mirò principalmente a rafforzare la difesa del proprio dominio costruendo alcune fortificazioni nei dintorni della città, come il complesso di Stampace-Porta a Mare, la Cittadella Vecchia e Nuova, il Bastione del Parlascio che sarebbe stato progettato addirittura da Filippo Brunelleschi.

Con l'avvento dei Medici al vertice del potere gigliato iniziò comunque un periodo di ripresa economica, sociale ed anche culturale, grazie agli ideali illuministici e di sviluppo del territorio dei dominatori.

 

Si giunse così a fine secolo, quando la città, spinta dalla venuta di Carlo VIII, riprese la propria autonomia, seppure vigilata dal re di Francia.

Promisero anche il proprio aiuto all'indipendenza di Pisa il Duca di Milano, l'Imperatore Massimiliano d'Austria, la Repubblica di Venezia, dando nel 1496 il sostegno delle proprie truppe.

Pisa si trovò così nuovamente protagonista, riconquistando numerosi castelli, ma era in balia degli interessi di tre potenze alleate che avevano delle mire sulla città, e non vedendo la possibilità di primeggiare, l'abbandonarono al proprio destino.

I fiorentini ripresero ben presto le postazioni perdute, e cinsero in assedio la città sull'Arno.

L'assedio durò diversi anni, con numerosi assalti falliti ; dentro le mura si combatteva eroicamente, ed i gigliati non riuscivano ad avere la meglio, finchè, attraverso un tentativo di accordo con il Re di Francia e di Spagna, e con le città vicine, non riuscirono ad isolare sia politicamente che materialmente Pisa, in quanto con l'assedio furono bloccate tutte le vie di comunicazione, compreso l'Arno e gli altri corsi d'acqua

 

Il nuovo Granduca si dedicò molto anche allo sviluppo e all'innalzamento dell'università, ed a lui va riconosciuta una particolare predilezione per Galileo Galilei, che fu nominato Primo Matematico e Filosofo.

Cosimo II morì a soli trentadue anni nel 1621, lasciando una grave lacuna in quanto a personalità che non fu colmata da nessuno dei successori.

Con Ferdinado II iniziò il disinteresse per la cittadina che ,nel 1630, fu colpita dall'epidemia pestilenziale che decimò la popolazione in tutta la penisola.

Solo negli ultimi anni il Granduca puntò su un rilancio culturale dell'Università, riprendendo così un po' di prestigio personale.

Dal 1670 gli succedette Cosimo III, che fu senz'altro il più immobile del Granducato, ormai frazionato in piccoli feudi e abbandonato a una politica divisa e slegata, dal disinteresse dei vertici del dominio.

A Cosimo III succedette Gian Gastone, che fu l'ultimo dei Medici.

Dal 1737 prese le redini del Granducato la dinastia dei Lorena, dei quali il primo fu Francesco II.

La situazione nel pisano cominciò a migliorare grazie al senso di responsabilità ed all'industriosità dei nuovi reggenti.

Entro le mura furono effettuate notevoli migliorie, e l'entusiasmo per i nuovi dominatori crebbe, visto il rinato interessamento alle sorti della città e del contado.

 

In seguito Cosimo fondò l'Ufficio dei Fiumi e Fossi, e si dedicò molto ad interventi di bonificadel territorio e ad iniziative atte a innalzare la situazione sociale, politica e culturale della città e dei dintorni. Nel 1548 ebbe origine la tenuta di S. Rossore, per espresso volere di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo, mentre nel 1560 fu iniziato il Canale dei Navicelli, che collegava la foce dell' Arno con il porto di Livorno, in quanto la città nelle prospettive granducali avrebbe dovuto costituire la sede mercantile a complemento dello scalo portuale livornese. Nel 1571 anche una flotta pisana, o meglio medicea, partecipò alla vittoriosa battaglia di Lepanto contro i Turchi

 

A seguito delle guerre di potere che stavano sconvolgendo l'Europa tutta, il Granduca preferì abbandonare il proprio dominio, rifugiandosi in Germania.

Pisa fu così in balia dei Borboni di Parma, poi sotto Elisa Baciocchi Bonaparte, ed infine direttamente sotto l'egida imperiale francese, che terminò nel 1814, con la disfatta di Napoleone.

Ebbe inizio la Restaurazione, con il ritorno di Ferdinando III, molto acclamato dalla popolazione.

A Ferdinando III successe, nel 1824, Leopoldo II, che si distinse anch'egli nelle opere di ristrutturazione interna, ma principalmente nelle bonifiche e nei miglioramenti dei corsi d'acqua e delle vie di comunicazione con l'apertura dei tronchi ferroviari per Livorno, Firenze e Lucca, che vennero a rinverdire

quella funzione di nodo viario di grande importanza che Pisa aveva svolto fin dall'antichità.. Nel 1846 anche il Capoluogo subì dei danni a causa del terremoto che ebbe l'epicentro sulle Colline Inferiori Pisane.

In città cominciava a tirare aria di rivolta , si erano formate numerose società segrete, l'ambiente era teso e non faceva certo presagire un periodo di tranquillità per i vertici del Granducato.

Dopo fasi incerte dovute alle Guerre d'Indipendenza, il 27 febbraio 1859 Leopoldo II lasciò la Toscana, e l'anno dopo vi fu il plebiscito per l'annessione al Regno, che in Pisa vide 12.049 votanti favorevoli, su 12.285.

Iniziò così la fase moderna della storia cittadina.

Negli anni a seguire vi fu una radicale trasformazione del tessuto urbano con la nascita di numerosi edifici e lo smantellamento di molte strutture di epoca medioevale che dettero una nuova configurazione alla città 

Il 10 marzo 1872 Giuseppe Mazzini esalò l'ultimo respiro in questa città dove da tempo risiedeva sotto falso nome.

Ai primi del nostro secolo Pisa era una delle città più attive d'Italia, sia da un punto di vista economico che culturale 

Nacquero numerose industrie, fra le quali si distinguevano la Saint Gobain, pregiatissima vetreria tutt'oggi in attività, e la fabbrica di ceramiche Richard Ginori, era molto sviluppata l'industria tessile, in particolare quella del cotonificio, ed erano presenti moltissime aziende artigianali 

Furono i progettatori di apparecchi, fratelli Antoni, a dar vita all'aereoporto nel 1911, che cominciò subito ad incrementare la propria attività, sia civile che militare.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la città ha pagato il triste contributo di ben 1824 vittime e numerosi sono stati i danni e gli edifici distrutti dagli incessanti bombardamenti Ai danni si unì lo straripamento dell' Arno del novembre 1944, che dette un ulteriore colpo al disastro già perpetrato.

Le opere di ricostruzione iniziarono subito, grazie allo spirito di rivincita ed alla forza di volontà che non ha mai abbandonato questa cittadina, e nel giro di pochi anni erano stati ricostruiti i ponti distrutti dai tedeschi, come le principali strutture danneggiate 

Oggi Pisa è una città con un'economia indirizzata verso numerosi settori.

Nella zona di Ospedaletto si è sviluppata un'importante, ampia e differenziata zona industriale e artigianale 

L' Aereoporto Galilei è indubbiamente il principale della regione 

Vi sono alcune caserme fra le più efficienti d'Italia, e fra la città ed il litorale, nella zona di Tombolo, alle spalle di Tirrenia, è situato Camp Darby, una base logistica delle Forze Armate Americane, tra le più importanti d'Europa, che funge principalmente da deposito e rifornimento per le truppe americane dislocate in Italia e in altre parti di Europa.

Nella zona di Barbaricina, adiacente al Parco di S. Rossore ed all'Ippodromo, sono numerose le scuderie e le attività legate all'ippica 

E' rilevante anche il turismo, in special modo legato all'afflusso in Piazza dei Miracoli , ai recenti ritrovamenti di reperti navali di epoca romana nell'antico porto pisano ed alla stagione estiva sul Litorale Pisano, con le numerose attività turistiche e balneari di Marina di Pisa, Tirrenia e Calambrone.

Molto attivi ed efficienti sono i tre presidi ospedalieri di Santa Chiara, Cisanello e Calambrone

Sono da segnalare anche il Centro Applicazioni Militari Energia Nucleare, istituito nel 1956, e il Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che a Pisa è presente con 13 istituti e 5 centri; oltre all'importanza specifica che queste strutture rivestono, esse rappresentano inoltre una cospicua fonte occupazionale.

L'Università di Pisa possiede alcune facoltà a livello nazionale che la innalzano culturalmente e portano oltretutto un beneficio economico con i numerosi studenti che affluiscono giornalmente o vengono a risiedere in città.

Essa rappresenta la vera e propria base di rilancio per Pisa, sia da un punto di vista economico, che da un punto di vista prestigioso e culturale

Grazie all'Università che lo gestisce insieme all' Amministrazione Comunale, è stato creato, ed è attivo dal 1984, il Palazzo dei Congressi, importantissimo polo cittadino per i numerosi convegni a livello internazionale e manifestazioni varie che in questa moderna ed efficientissima sede, vengono organizzati

Con l'arrivo di numerose truppe mercenarie all'inizio al soldo di Firenze, Pisa riuscì a risollevare leggermente la propria situazione, riconquistando alcuni Castelli strappatigli, specialmente con l'aiuto del famoso condottiero conosciuto come Giovanni Acuto.

Come avevano precedentemente fatto con i fiorentini, però i mercenari non si dimostrarono molto fedeli agli interessi pisani, che riportarono una pesante sconfitta nella battaglia di Cascina, il 28 luglio 1364.

Le lotte intestine fra Raspanti e Bergolini dilaniavano sempre di più la città, già impoverita anche dal dirottamento del traffico delle merci da Firenze, verso Talamone, dall' isolamento politico e dalla perdita di consistenza in campo marittimo.

Fu il Gambacorti, precedentemente scacciato che fece dare un sospiro di sollievo alle sorti pisane e riuscì ad ottenere degli accordi con Firenze, consentendo una ripresa del commercio, tanto che fu nominato Capitano Generale Difensore del Popolo e del Comune di Pisa.

Fu l'unico in grado di usare quell'antica e scaltra diplomazia, precedentemente descritta. Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, tramava nella città alla foce dell'Arno, per contrastare i rapporti con la rivale Firenze, e tanto fece che ordì, il 21 ottobre 1392, l'omicidio del Gambacorti, portando al potere i D'Appiano. Gherardo d'Appiano, nel 1399, "vendette" al Visconti la città di Pisa, con la Signoria di Piombino e le isole, Elba, Pianosa e Montecristo, per 200.000 fiorini d'oro

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Pitigliano è un caratteristico borgo della Maremma grossetana, unico nel suo genere per la particolarità di essere costruito interamente su di un masso tufaceo, il chè lo rende uno dei luoghi più interessanti dell'area del tufo.

 

Conosciuto anche per la tradizionale festa della “Torciata di San Giuseppe” durante la quale, bruciando un pupazzo simbolico si dà l'addio all'inverno, il paese nel corso degli anni è divenuto un’importante meta turistica della Maremma.

 

Il territorio fu abitato già in epoche molto antiche, come può essere facilmente testimoniato dai numerosi reperti di origine etrusca, come le necropoli e le vie cave, riportati alla luce nelle aree circostanti il paese, leggenda vuole che il borgo sia stato fondato da due giovani, Petilio e Celiano che, scappando dalla loro città dopo aver rubato un oggetto importante decisero di rifugiarsi in questa parte della Toscana, fondando un nuovo paese.

 

Attualmente, da recenti campagne di scavo archeologico, è risultato che Pitigliano fu sede di stanziamenti protostorici già durante le varie fasi dell’età del bronzo (2000 – 1000 a.c.). Successivamente divenne sede di un importante insediamento Etrusco di cui restano parti di mura e numerose necropoli. Il nome Etrusco di Pitigliano non è conosciuto, forse trattasi di quella Statnes (o Staties) che in epoca romana divenne Prefettura e fu detta Statonia.Il nome di Pitigliano invece deriva dalla gens Petilia, importante famiglia romana che dette il proprio nome a diverse località. Dall’862 inizia il dominio della famiglia Aldobrandesca che dura fino alla fine del XIII secolo. Nel 1293 a seguito del matrimonio dell’ultima erede della famiglia Aldobrandesca, Anastasia, con Romano Gentile Orsini, Pitigliano diviene una Contea di questa famiglia guelfa. Fino dalla fine del 1400 divenne per gli Ebrei un importante centro, tanto che nel 1598 fu eretto un Tempio tuttora esistente. Nel XVII la Contea passa sotto il dominio dei Medici e nella prima metà del settecento entra a far parte del Granducato di Toscana del quale seguirà le sorti fino all’unità d’Italia.

 

Le antiche tradizioni e i costumi del borgo toscano sono raccontati all'interno dei musei che vi sono stati allestiti: il Museo della Civiltà Giubbonaia, che raccoglie antichi utensili utilizzati in campagna e nelle case, il Museo di Palazzo Orsini, il Museo Civico e Archeologico ed infine il Museo all'Aperto”La Città dei Vivi, La Città dei Morti”, dedicato alla storia etrusca sul territorio.

 

Pitigliano è molto ricco di monumenti ed edifici che ne raccontano la storia, passeggiando per il paese si possono infatti incontrare l'imponente Duomo,costruito nel corso del XVI secolo e dedicato ai Santi Pietro e Paolo, la Chiesa di Santa Maria, anticamente intitolata a San Rocco, il Santuario della Madonna delle Grazie, il Palazzo Orsini, la Fortezza Orsini ed infine il Monumento alla Progenie Ursinea, costituito da un masso di pietra con gli stemmi della famiglia e sormontato da un orso araldico.

 

Poco fuori dall'abitato si trova il Cimitero Ebraico, visitabile su prenotazione. Nel Ghetto la Sinagoga, costruita nel 1598 è stata recentemente restaurata e nei locali adiacenti è stato realizzato un Museo di Arte e Cultura Ebraica. Nei vicoli sottostanti si sviluppano vari ambienti scavati nel tufo: il bagno rituale, la macelleria e la cantina kasher, il forno degli azzimi, tutti recuperati e visitabili".

 

Apprezzabile è inoltre la produzione dei vini DOC “Bianco di Pitigliano” e "Rosso Sovana" .

 

Da assaporare i dolci tipici, i cosiddetti “Sfratti” a forma di piccoli bastoni con miele e noci che, nella tradizione popolare, ricordano nella forma il bastone con cui veniva bussato alla porta quando le autorità eseguivano lo sfratto.

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Secondo Servio, commentatore dell'Eneide di Virgilio, Populonia sarebbe stata la prima città etrusca fondata da un popolo venuto dalla Corsica o dai Volterrani. Gli scavi smentiscono questa versione perché le tombe più antiche di Populonia sono di epoca Villanoviana quindi si escludono interventi còrsi. Inoltre Volterra non può avere fondato Populonia perché le sue tombe sono più recenti. Oggetti di pietra levigata fanno pensare all'esistenza di Populonia già nell'età neolitica. In epoca Villanoviana c'erano due stanziamenti che lavoravano il rame e due diversi nuclei che si fusero insieme in un'unica città: Populonia.

Il nome Populonia (Pupluna) deriva dal nome del dio Fufluns, divinità inizialmente legata all'agricoltura e poi identificata con Bacco. L'etimologia del nome sembra dunque connessa con la fertilità del suolo. Populonia è l'unica città etrusca che viene fondata sul mare, la più settentrionale lucumonia costiera. Populonia faceva parte delle 12 città , una lega religiosa di dodici - città stato - che una volta l'anno si riuniva presso Voltumna (probabilmente vicino al lago di Bolsena), sede di un santuario; qui avevano svolgimento riti religiosi, feste e giochi e venivano prese di comune accordo anche decisioni politiche.

Baratti-Populonia era divisa in due parti: la parte alta e la parte bassa. La parte alta, corrispondente all'acropoli, era abitata da persone ricche che avevano il potere politico; nell'acropoli veniva anche praticato il culto. La parte bassa era la zona dei morti,la necropoli, vicino ad essa risiedevano le persone più povere. Qui si trova anche la zona industriale, con i forni per la lavorazione dei metalli e, nel IV sec. a.C., del ferro: la città fu infatti assai fiorente nel settore sia minerario che industriale. Populonia raggiunse il massimo dello sviluppo e dello splendore nel V sec. a.C, grazie agli intensi scambi commerciali con la Grecia.

Il popolo etrusco credeva che i defunti continuassero a vivere nelle tombe; i defunti venivano sepolti infatti con un corredo funebre personale. Gli Etruschi erano un popolo amante dei piaceri della vita; gli affreschi infatti hanno spesso come tema banchetti sontuosi a cui partecipavano sia uomini che femmine. Il patrimonio culturale di questo popolo è così vasto e ricco che Roma ne rimase talmente affascinata ed influenzata da far propri molti aspetti culturali ed architettonici di questa civiltà.

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L'origine di Rosignano paese, è antichissima e con moltissime probabilità etrusca. Il primo documento scritto fin'ora conosciuto, che ricordi Rosignano, è dell'anno 762, mentre Vada si trovava già chiaramente indicata nella carta 'Peutingeriana' del 330 o 395 a.C. 

Rosignano fin dall'anno 900, cioè dopo la dominazione Longobarda, e durante quella dei Carolinghi, fu compresa nel Marchesato di Toscana e, fin d'allora seguiva le sorti di Pisa; più propriamentedella sua Mensa Arcivescovile che a quell'epoca, si può dire, rappresentava una specie di potere delegato per l'esercizio del quale la Mensa stessa ne traeva notevoli profitti.

1238 - Il Comune di Pisa stanziò 300 danari per la costruzione della torre fortificata di Vada, da utilizzarsi come faro per l'entrata dei navigli nel porto. Questa operazione fù necessaria per incrementare il commercio e lo sviluppo della popolazione in una zona considerata allora deserta ed insalubre; così, nel 1285 Pisa decise esenzioni e privilegi ai nuclei familiari che si stabili in quella rada.

1406 - Firenze annesse il territorio. Ma nel 1431 Rosignano si ribello a Firenze e si schierò con il duca di Milano Filippo Maria Visconti allora in guerra con Firenze. Intorno al 1433 i fiorentini ripresero i paesi insorti, e a causa della loro ribellione ne smantellarono le fortificazioni dei castelli di Vada e Rosignano. Per tale motivo verso il 1450 Vada rimase abbandonata per cui restò bosco e palude fino al 1564 anche sesolo nel 1547 i cittadini gedendo di un esonero ventennale da tasse e da tributiiniziarono un insediamento contadino nelle zone spopolate del Comune.

Sotto il profilo del potere pubblico risulta che vada dal MedioEvo al 1500, fece Comune a sè ed ebbe propri consoli, governatori ed ambasciatori.

1776 - Il territorio di Vada sotto il gran Ducato di Toscana, cominciò ad estendersi a Rosignano , integrando infine il comune di Castenuovo

 

1809 - La Toscana appartenne al Governo francese e, di conseguenza Rosignano fu soggetto al Prefetto del Circondario di Livorno

 

In seguito alle bonifiche attuate tra Otto e Novecento, sulla costa dominata dall’abitato di Rosignano Marittimo nel 1914 venne eretta la fabbrica della società Solvay, destinata a creare un polo industriale molto importante e un insediamento umano che oggi conta 16.000 abitanti. Rosignano Solvay è infatti la frazione più popolosa del comune di Rosignano, e l’abitato si è sviluppato immediatamente a nord-ovest dell’insediamento industriale dove vengono prodotti soda caustica, carbonato e bicarbonato di sodio. La stessa Società Solvay ha in gran parte contribuito alla costruzione del paese, secondo quel criterio di “città giardino” che ha molto influenzato il Novecento europeo. La costa di Rosignano Solvay è caratterizzata da ampie spiagge con moderni stabilimenti balneari. Particolarmente rinomate sono le così dette “spiagge bianche”, che si trovano a sud dell’abitato.

 

.Spiagge desolate e bianche, mare azzurro ed acqua limpida... un sogno che pochi si possono permettere: un viaggio ai Tropici o in una piccola isola dell'emisfero australe. E l'impressione che si ha percorrendo la Statale Aurelia, che collega Livorno a Grosseto, in direzione Sud, è proprio questa: una spiaggia tropicale, senza palme, ma con il mare azzurro e la sabbia candida. 

Dall'alto dell'Aurelia, provenendo da Livorno e superata l'uscita di Castiglioncello, prima di giungere a quella di Rosignano Marittimo, volgendo lo sguardo lungo la costa frastagliata, appare un'anomala striscia di spiaggia bianchissima, lunga circa quattro chilometri. Questo luogo particolare è noto, non a caso, con il nome di Spiagge Bianche.

Il motivo dell'insolito colore della sabbia è la conseguenza di anni di lavorazione dell'industria di bicarbonato che ha il proprio stabilimento a Rosignano Marittimo, a circa un chilometro della costa.

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San Gimignano si erge con il profilo delle sue torri, su di un colle (m.334) a dominio della Val d’Elsa. Sede di un piccolo villaggio etrusco del periodo ellenistico (III-II sec. a.C.) inziò la sua storia intorno al X secolo prendendo il nome del Santo Vescovo di Modena: San Gimignano, che avrebbe salvato il borgo dalle orde barbariche. Ebbe grande sviluppo durante il Medioevo grazie alla via Francigena che lo attraversava. Tant’è che San Gimignano ebbe una straordinaria fioritura di opere d’arte che adornarono chiese e conventi. Nel 1199 divenne libero comune, combattè contro i Vescovi di Volterra ed i comuni limitrofi, patì lotte intestine dividendosi in due fazioni al seguito degli Ardinghelli (guelfi) e dei Salvucci (ghibellini). L’otto maggio 1300 ospitò Dante Alighieri, ambaciatore della lega guelfa in Toscana. La terribile peste del 1348 ed il successivo spopolamento gettarono San Gimignano in una grave crisi. La cittadina dovette perciò sottomettersi a Firenze. Dal degrado e abbandono dei secoli successivi si uscì soltanto quando si cominciò a riscoprire la bellezza della città, la sua importanza culturale e l’originaria identità agricola.

 

Itinerari artistici

 

Il Duomo o Chiesa Collegiata, consacrata nel 1148, strutturata su tre navate è arricchita da pregevoli affereschi di scuola senese: Vecchio e Nuovo Testamento (Bartolo di Fredi e "Bottega dei Memmi"); Giudizio Universale (Taddeo di Bartolo), opere di scuola fiorentina: Storie di Santa Fina (Ghirlandaio), San Sebastiano (Benozzo Gozzoli), Statue Lignee (Jacopo della Quercia) e sculture di Giuliano e Benedetto da Maiano. Tutto questo fà della Collegiata di San Gimignano un museo di grande prestigio.

 

Palazzo comunale Cortile e Sala di Dante con la Maestà di Lippo Memmi. Museo Civico e Pinacoteca con opere di Filippino Lippi, Pinturicchio,Benozzo Gozzoli, Domenico di Michelino, Pier Francesco Fiorentino, Sebastiano Mainardi, Lorenzo di Niccolò di Martino, Coppo di Marcovaldo ecc... Inoltre dal museo civico si può visitare la Torre Grossa o del Podestà costruita nel 1311 ed alta 54 metri. 

Museo d’arte Sacra : Tele, tavole e frammenti lapidei provenienti da chiese e conventi soppressi. Argenterie, corali e vesti liturgiche.

 

Chiesa di Sant’Agostino : Storie di Sant’Agostino (Benozzo Gozzoli) resti di affreschi trecenteschi, tavole e tele di autori diversi (Benozzo Gozzoli, Piero del Pollaiolo, Pier Francesco Fiorentino, Vincenzo Tamagni, Sebastiano Mainardi). Cappella di Santo Bartolo(Benedetto da Maiano). 

Chiese minori: Santo Bartolo, S. Jacopo, San Piero, San Francesco (resti), S.Lorenzo in Ponte.

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Caratteristico borgo aggrappato su un costone di roccia circondato dal verde. La sua particolare ubicazione consente un soggiorno piacevole, dove l'aria fresca della collina viene addolcita dalla vicinanza del mare. Numerose ed attrezzate strutture ricettive, soprattutto nella campagna, offrono ospitalità per una rilassante vacanza climatica

 

Il territorio di Sassetta è di una bellezza rara e mai scontata, i boschi che circondano il borgo medioevale, composti in prevalenza da castagni e lecci, sono ricchi di fascino e mistero, un fascino singolare legato alla qualità di questo territorio bello e allo stesso tempo aspro ed impervio. È questo forse l'aspetto che meglio caratterizza Sassetta e i suoi dintorni, una bellezza selvaggia quasi primitiva. Il centro abitato situato sopra speroni di marmo rosso conserva le tracce di una storia millenaria. Molti furono i potenti che si avvicendarono per esercitare il potere su Sassetta, i più antichi dei quali furono i Pannocchia della famiglia Pisana degli Orlandi che dominarono in questi luoghi per circa quattro secoli. Nel 1405 Sassetta seguì il destino di molti castelli a lei vicini, passò infatti sotto il potere di Firenze allorché la famiglia dei della Gherardesca, che in quegli anni esercitava diritti sul castello, accettò l'atto di sottomissione alla Repubblica Fiorentina. Il centro storico, dominato dal Castello, è formato da un continuo intrecciarsi di vicoli e viuzze al termine dei quali spesso si aprono scorci meravigliosi che regalano una forte sensazione di serenità e pace, e che fanno di Sassetta il luogo ideale per ritrovare una dimensione naturale che sempre più rischiamo di perdere

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Una delle città più importanti d'Italia, Siena, situata al centro della Toscana, inizialmente centro etrusco, di passaggio tra Volterra e Arezzo, divenne poi romana, scendendo al rango di città minore; ebbe maggior fortuna sotto il dominio longobardo come unica città di transito sulla Via Francigena tra Lucca e Viterbo, in questo periodo crebbero le sue dimensioni e si potenziò economicamente attraverso le attività commerciali dei propri prodotti. In questo modo, nel 1200, presero vita le attività bancarie, per mezzo delle famiglie più importanti della città e dai banchieri della Curia Apostolica. I luoghi più importanti per le transazioni erano lungo il tratto urbano della Francigena e nella Piazza del Campo, unica grande piazza della città, che a tutt'oggi esercita un fascino particolare.

Dopo la resa a Firenze, nel 1559, Siena fu annessa al Granducato di Toscana, ma i Medici, dopo avervi fatto edificare una fortezza, la abbandonarono per i due secoli successivi, portando Siena ad una forte crisi sia economica che demografica

Dall'arrivo della ferrovia in città nel 1850, Siena riprende vita, dà forza all'antica Università dove vanno ad iscriversi da ogni parte d'Europa, apre una importante industria farmaceutica e ripristina l'attività bancaria

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E' un suggestivo borgo medievale a pochi passi dalla Costa degli Etruschi. Le sue origini risalgono a prima del Mille, e fu tra il X e il XIV secolo che assunse la fisionomia ancora riconoscibile. Oltre alla cinta muraria, furono costruiti in questo periodo la Chiesa di San Giusto, la Rocca, il Palazzo Comunale e il Chiostro di San Francesco. Feudo dei conti Aldobrandeschi, divenne libero comune della Repubblica di Pisa; e nel 1399 entrò a far parte della Signoria degli Appiani. Da allora, per alcuni secoli, fu parte integrante del Principato di Piombino, sotto il quale venne edificato il cinquecentesco castello di Belvedere e furono realizzate le ferriere di Cornia ai Forni. Durante l'epoca napoleonica venne assegnato a Elisa Bonaparte Baciocchi, che organizzò nella località boschiva di Montioni un villaggio produttivo e termale. Nel 1815 divenne comune del Granducato di Toscana, di cui condivise le sorti fino all'unità di Italia. La sua economia, a carattere prevalentemente agricolo e forestale, ne hanno fatto un vivace comune, compreso prima nella Provincia di Pisa e successivamente in quella di Livorno.

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